Tibetani manifestano in tutta l'India contro visita del presidente cinese
Nonostante i tentativi di New Delhi di impedire le proteste, da nord a sud la comunità tibetana in India protesta contro "la tirannia cinese in Tibet" e promette di andare avanti finché il presidente Hu non partirà, il prossimo 23 novembre.
New Delhi (AsiaNews) I rifugiati tibetani in India annunciano manifestazioni non violente per tutta la durata della visita del presidente cinese Hu Jintao, iniziata ieri a New Delhi. Proteste di vario genere contro le "atrocità" del governo cinese in Tibet sono previste in tutto il Paese, nonostante i tentativi del governo indiano di arginare questo tipo di iniziative.
Nella capitale centinaia di tibetani ieri hanno gridato slogan chiedendo la "fine dell'oppressione e della tirannia cinese in Tibet". Monaci buddisti e altri rifugiati tenevano alti striscioni con scritto "Hu Jintao ricercato per crimini contro l'umanità", "Hu Jintao torna a casa" oppure "Il Tibet vuole la libertà". Presenti anche molti giovani che a gran voce hanno chiesto a New Delhi di abbandonare la sua linea morbida con Pechino sulla questione tibetana. La polizia ha, però, intercettato e fermato il corteo che si avvicinava alla sede del Parlamento indiano. La protesta, organizzata dal Tibet Youth Congress (TYC), ha visto anche l'esecuzione di alcune canzoni e danze tradizionali e la recita di poemi. I manifestanti hanno poi animato una fiaccolata in serata.
A Shillong - capitale dello Stato di Meghalaya - decine di commercianti tibetani hanno deciso di tenere chiuse le loro attività per tre ore al giorno finché Hu non ripartirà per la Cina il 23 novembre. Un comunicato stampa del TYC locale spiega: "Ci opponiamo fermamente alla visita in India del presidente cinese, che come presidente della Regione autonoma del Tibet, nel 1989 è stato responsabile di una sanguinosa repressione di manifestanti pacifici". Questo Stato dell'India nord-orientale ospita 500 profughi tibetani; oltre all'iniziativa delle saracinesche abbassate sono previste preghiere per le strade e la distribuzione massiccia di volantini sulla situazione del popolo tibetano e le colpe di Pechino.
Le proteste arrivano fino al sud dell'Unione. Oggi a Mysore, nello Stato di Karnataka, si è svolto un corteo pacifico che andrà avanti per altri due giorni. In Orissa, invece, nell'est del Paese, la Tibetan Women's Association ha manifestato per chiedere colloqui tra il Dalai Lama, leader spirituale e guida politica dei tibetani in esilio, e il presidente Hu al fine di risolvere la "questione tibetana". Tsering Dolma, capo dell'Associazione, ha inoltre ricordato la drammatica sorte del Panchen Lama, Gedhun Choekyi Nyima, il più giovane prigioniero di coscienza al mondo, da 10 anni agli arresti domiciliari in Cina.