Tibetani in esilio: il nuovo Kalon Tripa si batterà per i nostri diritti
Funjok Lama, 36 anni, afferma: "Quando ci siamo riuniti per votare, la polizia ha fatto irruzione nel seggio e mi ha trascinato fuori, picchiandomi con calci e manganelli”. Lama, mostra le ferite riportate e aggiunge che “è positivo che almeno una parte degli esuli abbia votato, nonostante le restrizioni.
“Il nuovo Primo ministro – afferma Dolma Tsering, donna di 56 anni – deve spingere l’occidente a iniziare a fare pressioni sul governo nepalese, per garantire alla comunità in esilio il proprio diritto a libere elezioni e la fine della repressione”.
Dopo l’invasione di Lhasa del 1951 e l’esilio del Dalai Lama in India (1959), il Nepal ha ospitato migliaia di rifugiati in fuga dal Tibet, consentendo ad essi il sostegno del governo in esilio. A tutt’oggi gli esuli sono oltre 20mila. Con la caduta della monarchia nepalese nel 2006 e la salita al potere dei partiti maoista (Unified Communist Party of Nepal) e leninista-marxista (Unified Marxist–Leninist) il Paese ha iniziato a stringere accordi economici con Pechino, vietando agli esuli ogni tipo di manifestazione anti-cinese. Il 13 febbraio scorso la polizia ha fermato le elezioni interne alla comunità tibetana e sequestrato schede e materiale elettorale. La Cina ha ripagato l’impegno di Kathmandu, con l’offerta di aiuti umanitari e materiale bellico all’esercito nepalese per un valore di 13 milioni di euro.