Tibetani in Nepal nel mirino delle autorità: raid e arresti sommari
Kathmandu (AsiaNews) - Per compiacere il governo cinese, le autorità nepalesi hanno arrestato un gruppo di tibetani che lo scorso 10 marzo hanno manifestato contro Pechino in occasione dell'anniversario della fallita insurrezione anti-comunista del 1959. Lo confermano fonti di polizia: gli arrestati sono stati identificati come Jumpa, Sonam Tashi, Sonam Chodung, Kansang Poldon, Mingma, Apa, Jigned Lama, Suzil Lama, Tanzim Padma e Padma Dolma. La polizia non ha comunicato le accuse mosse contro i rifugiati o il luogo della loro detenzione.
A seguito proprio della fallita insurrezione anti-cinese, oltre al Dalai Lama anche un grande numero di tibetani ha lasciato il proprio Paese per stabilirsi in India e in Nepal. Qui vivono circa 20mila tibetani, che il governo tiene sotto stretto controllo per evitare problemi con Pechino: quasi tutti sono internati in 18 campi profughi, per la maggior parte nella valle di Kathmandu. Il Nepal e la Cina hanno iniziato da circa un decennio un percorso di ri-avvicinamento economico, politico e diplomatico: Kathmandu teme di perdere le ricche commesse dell'imprenditoria cinese e quindi cerca in ogni modo di evitare tensioni.
In quest'ottica, il governo - guidato dal Congress - ha proibito ai tibetani di celebrare l'anniversario. La polizia ha pattugliato i campi per circa un mese, effettuando perquisizioni a sorpresa anche di notte. Nonostante questa situazione, alcuni rifugiati della zona di Hattisar sono riusciti a issare le bandiere tibetane e a urlare slogan anti-cinesi.
Tsering Lama, attivista per i diritti umani dei tibetani in Nepal, dice: "Molti non sono riusciti a dormire per i raid degli agenti nei campi e persino nelle stanze da letto. Gli agenti sono arrivati a guardare la gente dalle finestre e a bussare all'improvviso per effettuare delle perquisizioni. In più, ci hanno di fatto chiusi dentro i campi senza la possibilità neanche di pregare insieme. Questa è una violazione dei nostri diritti".