Tibetane in piazza contro “la schiavitù di Pechino”
di Prakash Dubey
La diaspora tibetana si è riunita a Dharamsala, sede del governo in esilio e casa del Dalai Lama, per ricordare la Giornata del sollevamento contro l’invasore cinese. Il Centro per i diritti umani in Tibet denuncia nuove violazioni e chiede l’intervento del mondo contro i soprusi di Pechino.
Dharamsala (AsiaNews) – Per ricordare il “Giorno del sollevamento delle tibetane”, migliaia di donne costrette a fuggire dal Tibet invaso dall’Esercito di liberazione popolare cinese si sono riunite ieri a Dharamsala per urlare a Pechino che “non accetteranno mai la schiavitù”.
Le donne, provenienti da tutta l’Unione indiana, si sono riunite ieri nella città che ospita il governo tibetano in esilio: qui hanno ricordato l’anniversario del sollevamento del Dalai Lama, l’11 marzo del 1959, e la rivolta femminile contro l’invasore che si è verificata il giorno successivo.
Urlando slogan come “non accetteremo mai l’egemonia cinese” e “fermate la dissacrazione del tempio del buddismo”, le donne hanno sfilato per le vie della città, accompagnate da indiane e da religiose buddiste non tibetane che hanno voluto mostrare la loro vicinanza al movimento delle esiliate.
Deckyi, attivista tibetana, spiega ad AsiaNews: “Il 12 marzo è una giornata che ormai è entrata di peso nella storia del Tibet. Vogliamo ricordare come anche le donne si unirono alla ribellione iniziata dal Dalai Lama contro la Cina, e soprattutto sottolineare che questa opposizione non si fermerà”.
L’invasione delle truppe maoiste risale in realtà al 1950. Il sollevamento popolare guidato dal leader religioso risale a nove anni dopo perché, spiega l’attivista, “tutti noi cercavamo un modo per convivere con la Cina in maniera pacifica. Ci siamo ribellati quando il loro atteggiamento è divenuto intollerabile”.
Sempre ieri, il Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia ha denunciato nuove violazioni alla libertà religiosa e civile commesse dai cinesi nei confronti dell’etnia tibetana rimasta in patria ed ha chiesto l’intervento delle altre nazioni per fermare gli abusi commessi da Pechino nella regione.
In particolare, il Centro ha sottolineato quanto accaduto nel maggio scorso al passo Nangpa, che divide la Cina dal Nepal: i soldati dell’Esercito popolare hanno aperto il fuoco contro un gruppo di tibetani che cercava di passare il confine, uccidendone due.
Infine, secondo i dati presentati ieri, oltre 2.445 tibetani sono stati costretti alla fuga dal dispotismo cinese: per la maggior parte, adolescenti e monaci tibetani ancora novizi, che “sono fuggiti per raggiungere Dharamsala ed il loro leader, il Dalai Lama”.
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