31/08/2015, 00.00
TIBET
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Tibet, si dà fuoco contro la demolizione del suo villaggio: muore madre di quattro figli

Tashi Kyi lascia anche il marito e il padre anziano. È la settima vittima dall'inizio del 2015. Il nipote: “Era una fedele generosa e devota e la famiglia viveva in buone condizioni”. La donna protestava contro le politiche repressive di Pechino. La polizia ha sequestrato il corpo. Al Dharamsala International Film Festival in India la proiezione di un film-documentario sulle auto-immolazioni dei dissidenti tibetani.

Sangkok (AsiaNews/Agenzie) - Tashi Kyi, una donna tibetana di 55 anni, si è data fuoco in segno di protesta contro la demolizione della propria abitazione da parte della polizia cinese. Il fatto è accaduto giovedì scorso (27 agosto) nel villaggio di Ngulra presso la cittadina di Sangkok, contea di Sangchu (in cinese Xiahe), nella prefettura autonoma tibetana di Gannan (provincia di Gansu). La donna è stata soccorsa dai residenti del villaggio, che hanno provato a spegnere le fiamme, ma è morta il giorno dopo alle 3 del mattino (ora locale) per le ferite riportate. Una fonte tibetana ha raccontato a Radio Free Asia che alle prime luci dell’alba funzionari della polizia hanno prelevato con la forza il suo corpo, nonostante le resistenze della famiglia che chiedeva di poter celebrare l’estrema funzione.

Secondo la fonte, nel pomeriggio del 27 agosto oltre 150 agenti hanno fatto irruzione nel villaggio di Ngulra e hanno iniziato a demolire le case dei residenti con le ruspe, affermando che i proprietari non erano in possesso di permessi validi. Il sito Free Tibet riporta che “diversi abitanti hanno protestato appendendosi ai bulldozer” e che Kyi “ha deciso di auto-immolarsi contro la distruzione del suo villaggio”.

Si tratta della settima auto-immolazione di dissidenti tibetani dall’inizio dell’anno, la 143ma dalle proteste del 2008 avvenute nella provincia tibetana di Lhasa. In quell’occasione gli scontri si scatenarono per l'anniversario della sollevazione di Lhasa contro Pechino - avvenuta nel marzo 1959 e repressa nel sangue - che costò la vita a circa 220 persone.

Il Tibetan Centre for Human Rights and Democracy (Tchrd) riporta il ricordo del nipote di Kyi (monaco buddista), che spiega come la donna fosse una buddista “generosa e devota, e la sua famiglia vivesse in discrete condizioni economiche in un edificio di tre piani vicino il monastero di Labrang Tashikyil”. La donna lascia quattro figli (di cui tre monaci), il marito e il padre anziano di 80 anni. Gli abitanti del “villaggio la ricordano per la sua bontà e il suo coraggio - continua-. Ha anche visitato l’India due volte per ricevere la benedizione dal Dalai Lama”.

Proprio in India, nella città di Dharamsala si svolgerà dal 5 all’8 settembre la quarta edizione del Dharamshala International Film Festival. In calendario anche la proiezione nel film-documentario “Lung Ta” del regista giapponese Kaoru Ikeya sulle auto-immolazioni di monaci e dissidenti tibetani.

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