24/11/2010, 00.00
TIBET
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Tibet, è morto Jangpa Chung la: aveva riconosciuto il Panchen Lama

Il religioso buddista venne inviato dal Dalai Lama a riconoscere l’undicesimo Panchen Lama, poi rapito dal governo cinese. Per questo fu condannato alla galera e poi agli arresti domiciliari da Pechino, che oggi è tornata ad attaccare il leader buddista.

Dharamsala (AsiaNews) - Jangpa Chung la, segretario della Commissione che riconobbe l’11mo Panchen Lama, è morto dopo undici anni di arresti domiciliari a Luding , nei pressi della città tibetana di Shigatse. Ne dà notizia il Tchrd, organizzazione internazionale che monitora le violazioni ai diritti umani compiuti dalla Cina nei confronti dei tibetani. Nel frattempo, Pechino ha accusato il Dalai Lama di “intorbidire le acque” con la sua proposta di ritirarsi dalla vita pubblica.

Il 17 maggio del 1995, insieme a Chadrel Jampa Trinley Rinpoche, Jangpa Chung la venne arrestato all’aeroporto di Chengdu. I due erano rispettivamente segretario e presidente della Commissione per la ricerca della reincarnazione del Panchen Lama, la seconda carica spirituale più importante del buddismo tibetano. I due vennero accusato di “mettere in pericolo la sicurezza statale” e di “divulgare i segreti nazionali”. Furono condannati a 6 e 4 anni di galera.

Il Panchen Lama ha il compito, dopo la morte del Dalai Lama, di riconoscerne la nuova rinascita. L’attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso, ha riconosciuto come Panchen Lama il giovane Gedhun Choekyi Nyima il 14 maggio 1995 proprio grazie al lavoro dei due lama, da lui inviati nella ricerca: pochi giorni dopo la polizia ha rapito il bambino di 6 anni e la sua famiglia, da allora scomparsi.

Nel novembre 1995 la Cina ha “scelto” Gyaltsen Norbu come “vero” Panchen Lama, per attuare uno stretto controllo sulla pratica religiosa nella regione. Di recente Norbu ha fatto ingresso anche nella vita politica nazionale, partecipando ai lavori della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, organismo che affianca l’Assemblea nazionale del popolo.

Per evitare che questo destino venga riservato anche al prossimo Dalai Lama l’attuale ha dichiarato che “andrà in pensione” dal suo ruolo politico entro 6 mesi, e ha aggiunto che la sua rinascita avverrà “probabilmente all’interno della diaspora tibetana”. Sull’edizione odierna del Quotidiano del Popolo cinese, un editoriale attacca il leader buddista: “Il capo della rivolta fallita del Tibet intorbidisce le acque e cerca di sollevare una provincia cinese”.  

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