Thein Sein: no al secondo mandato. Nel 2015 sfida a due fra Aung San Suu Kyi e Shwe Mann
Yangon (AsiaNews) - Il presidente birmano Thein Sein, protagonista del cammino di riforme avviato dal Myanmar negli ultimi due anni, non si candiderà per un secondo mandato dopo le elezioni generali del 2015. È quanto ha affermato il presidente del Parlamento Shwe Mann, numero uno del partito di governo Union Solidarity and Development Party (Usdp); egli ha inoltre aggiunto che prenderà il posto dell'attuale capo di Stato nella sfida - con tutta probabilità - a due con Aung San Suu Kyi per la carica più alta del Paese. In accordo con la leader dell'opposizione birmana, Mann auspica inoltre che la Costituzione possa essere emendata, per permettere alla Suu Kyi di partecipare a pieno titolo alla partita per la presidenza del Myanmar.
Le parole del presidente del Parlamento confermano che Thein Sein non si ripresenterà al secondo mandato. Egli chiuderà il quadriennio avviato nel 2011 e caratterizzato da aperture in politica estera, (timide) riforme democratiche ed economiche, rilascio di (parte dei) detenuti politici e tentativi di pace con le minoranze etniche. Cambiamenti che sono valsi la cancellazione di gran parte delle sanzioni commerciali e diplomatiche con Stati Uniti e Unione europea. Nei mesi scorsi il 68enne capo di Stato aveva già annunciato il proposito di ritirarsi e non si sarebbe "opposto" a una candidatura di Aung San Suu Kyi.
La rinuncia di Thein Sein favorisce l'ascesa di Shwe Mann, un tempo numero tre della giunta militare, oggi presidente del Parlamento e giudicato una figura "moderata, con credenziali da riformista" che vanta buoni rapporti coi militari. Dal maggio scorso egli ha sostituito il presidente birmano alla guida dello Usdp e auspica in modo aperto e palese "l'emendamento della sezione 59F della Costituzione" - che blocca di fatto la corsa di Suu Kyi alla presidenza, ndr - perché vi siano "elezioni libere e giuste".
Intervistato dal quotidiano dissidente The Irrawaddy Shwe Mann ha confermato un approccio soft alla politica birmana, rivelandosi più per il navigato uomo politico di oggi, piuttosto che il temuto generale di un tempo. In un primo momento, egli sembrava dovesse essere il vero uomo forte scelto dal generalissimo Than Shwe per succedere alla guida del Myanmar dopo il voto del 2011. Affindando pazienza e scaltrezza politica, il presidente del Parlamento ha saputo ritagliarsi un ruolo importante nel panorama nazionale, mantenendo rapporti con i vertici militari e mostrandosi pronto a un confronto onesto e a viso aperto con Aung San Suu Kyi.
In riferimento alla Nobel per la pace, egli auspica modifiche alla "controversa" Costituzione, anche se essa è "una delle carte più difficili al mondo da cambiare". In questi anni non ha risparmiato critiche alle scelte del presidente Thein Sein (e all'esecutivo), senza però mai metterne in dubbio l'autorità, spingendo al contempo sull'acceleratore nel cammino delle riforme. Infine, Shwe Mann nutre dubbi sulle reali possibilità di un "accordo di pace nazionale a breve" con tutte le minoranze etniche, perché prevalgono ancora "interessi personali" sul benessere comune.
Nel 2015 il Myanmar si recherà alle urne per le elezioni parlamentari; il voto rinnoverà per intero le Camere, chiamate poi a eleggere il nuovo capo di Stato che succederà all'attuale presidente Thein Sein, ex generale e Primo Ministro ai tempi della giunta militare birmana. Dopo decenni di dittatura, nel 2011 il Paese ha celebrato le prime elezioni (in parte) libere della storia recente, con un turno suppletivo nel 2012 che ha sancito l'ingresso della leader della Lega nazionale per la democrazia - che ha trascorso 15 degli ultimi 22 anni agli arresti domiciliari per ordine della giunta - in Parlamento.
Intanto anche Aung San Suu Kyi conferma a più riprese di voler correre per la carica più alta del Paese, sebbene una norma contra personam blocchi di fatto ad oggi la candidatura. Di recente è stato nominato un comitato di 109 parlamentari chiamato a lavorare sulle modifiche alla Costituzione (approvata nel 2008 in piena emergenza per il ciclone Nargis), compresa la possibilità di una maggiore autonomia per le minoranze etniche nei rispettivi stati (Kachin, Karen, Shan, Chin, etc). Tuttavia, alcuni osservatori mostrano come il cammino di riforme sia stato sinora molto lento. La stessa leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) auspica maggiore rapidità nei lavori, perché senza riforme costituzionali "le elezioni del 2015 saranno ingiuste e determineranno una "democrazia falsata".
13/08/2015