Terremoto in Myanmar, 13 vittime. A Mandalay notte all’aperto nel timore di nuove scosse
Mandalay (AsiaNews) - È salito a 13vittime il bilancio, tuttora provvisorio, del terremoto che ha colpito ieri il centro del Myanmar. I soccorritori hanno avviato le operazioni di aiuto alla popolazione, ma alcuni fra i villaggi più remoti dell'area restano ancora isolati. Il crollo di un ponte in costruzione e il cedimento parziale di una miniera hanno contribuito ad aggravare il numero dei morti, al quale si uniscono - come raccontano fonti di AsiaNews - "almeno 150 feriti". Il sisma principale è stato catturato da diversi filmati, uno dei quali preso da una camera a circuito chiuso di un edificio governativo a Mandalay (clicca qui per vedere il filmato). Sono seguite diverse scosse di assestamento, che hanno contribuito ad alimentare il panico nella popolazione. A Mandalay, seconda città per importanza della ex Birmania, in molti hanno preferito dormire all'aria aperta nel timore di crolli.
La scossa principale, avvertita anche a Bangkok, è avvenuta alle 7.42 di ieri mattina ora locale, con un'intensità di magnitudo 6,8, epicentro circa 120 km a nord di Mandalay e 52 km a nord-est di Shwebo, in un'area ancora poco sviluppata ma ricca di miniere di gemme e preziosi. Il sisma si è sprigionato a una profondità di 10 km nel sottosuolo e ha causato il crollo di un grande ponte in costruzione sul fiume Irrawaddy, nei pressi della cittadina di Sint Ku. Quattro operai sono morti, investiti dal cedimento di sostegni e pilastri in ferro.
La tv di Stato birmana ha trasmesso in giornata le immagini del vice-presidente Sai Maul Hkam in visita alla cittadina di Thabeikyin, nei pressi dell'epicentro, per portare solidarietà alle popolazioni colpite e verificare in prima persona i danni. Un abitante di Mandalay riferisce ad AsiaNews il passaggio di "tre o quattro grandi elicotteri governativi", in direzione della zona colpita dal sisma, a conferma che "le autorità vogliono intervenire nel modo migliore e più rapido possibile"; al momento risultano però problemi di comunicazione con le aree più interne e remote.
Scosse e terremoti accadono non di rado in Myanmar, anche se quello di ieri è il più potente registrato dal 1991. Nel marzo 2011 sono morte oltre 70 persone in un terremoto che ha colpito le aree di confine fra Myanmar, Thailandia e Laos e già allora come oggi, le autorità birmane hanno fin da subito avviato un'opera di aiuto alla popolazione, con la collaborazione di enti e ong. Un comportamento ben diverso rispetto a quello tenuto in occasione di altri disastri, fra cui il ciclone Nargis del maggio 2008, che il regime miliare allora al potere ha cercato di nascondere agli occhi della comunità internazionale.
Secondo alcune testimonianze raccolte da AsiaNews a Mandalay, molta gente ha trascorso la notte in strada, all'aperto "per paura del terremoto e per il timore di nuove scosse". Un volontario impegnato nei soccorsi conferma che vi sono danni a case, templi buddisti e scuole in diversi punti e "i morti sono 13", anche se il bilancio ufficiale è sinora fermo a sei vittime. "Fra le realtà impegnate nell'opera di assistenza - racconta un fedele - vi sono anche movimenti cattolici e gruppi giovanili", anche se tende e beni di prima necessità cominciano a scarseggiare perché la maggior parte delle scorte sono già state inviate nello Stato di Rakhine, teatro da mesi di violenze interconfessionali fra la maggioranza buddista birmana e la minoranza musulmana Rohingya.