Teheran: oltre 250 anni carcere per ‘cristianesimo’ nel 2024
Un aumento di sei volte rispetto al 2023, in un quadro di crescente repressione che ha visto condannare 96 fedeli. È quanto emerge da uno studio pubblicato da gruppi attivisti e intitolato “La punta dell’iceberg”. Perché, in realtà, le violazioni alla pratica del culto sono molto più diffuse dei dati pubblicati. Il ruolo dei servizi e la ricerca di contatti o fondi dall’estero.
Milano (AsiaNews) - Un totale combinato di oltre 250 anni di carcere solo nel 2024. Con un aumento di circa sei volte rispetto all’anno precedente, a conferma di un quadro repressivo in progressiva escalation nell’ultimo lustro nei confronti della minoranza. Il clima di persecuzione a sfondo confessionale, o quantomeno di violazioni alla libertà religiosa dei cristiani in atto nella Repubblica islamica è confermato dai dati di un rapporto (clicca qui per leggerlo) rilanciato da Article18, sito specializzato nel documentare abusi e limiti in tema di culto. Lo studio, pubblicato in questi giorni, è stato realizzato con la collaborazione di altre ong di primo piano in tema di libertà personali fra cui Open Doors, Christian Solidarity Worldwide (Csw) e Middle East Concern e traccia un quadro che è causa di “profondo allarme”.
Escalation di condanne
Il rapporto dei gruppi attivisti conferma che in Iran è in atto una “netta regressione” della libertà religiosa, in linea con la crescente repressione delle autorità legata alle proteste divampate in seguito alla morte di Mahsa Amini per mano della polizia della morale. Un dato emerso anche nei rapporti della US Commission on International Religious Freedom, che invitano a riclassificare la Repubblica islamica come “nazione di particolare preoccupazione (Cpc)” per le sue “violazioni sistematiche ed eclatanti”.
Nell’anno da poco concluso almeno 96 cristiani, perlopiù convertiti dall’islam in una nazione a larga maggioranza musulmana sciita, sono stati condannati a un totale di 263 anni di carcere, contro i 22 cristiani condannati a un totale di 43,5 anni nel 2023. Secondo gli autori del rapporto, il motivo del consistente aumento è collegato in parte alla “forte impennata degli arresti nella seconda metà del 2023, che hanno richiesto un trattamento giudiziario” nei mesi successivi quando sono sopraggiungi i verdetti di condanna.
A questo si aggiunge però anche il notevole aumento delle sentenze individuali a lunghe pene detentive, con cinque cristiani che hanno ricevuto pene di almeno 10 anni di galera e, in almeno un caso, fino a 15 anni. In tutte queste vicende documentate nel rapporto intitolato “La punta dell’iceberg” (per richiamare l’attenzione sul fatto che molti altri casi non vengono denunciati) vi erano accuse legate alla fede praticata o alle attività religiose collegate al culto.
La punta dell’iceberg
La portata delle persecuzioni anti-cristiane documentate nel rapporto - e che sono in parte sono venute allo scoperto - è legata anche alla fuoriuscita dai cassetti del tribunali di oltre tre milioni di fascicoli giudiziari dei magistrati di Teheran, riguardanti il periodo compreso fra il 2008 e il 2023. Di questi, almeno 300 coinvolgono direttamente membri della minoranza religiosa. “Il fatto che questi casi rappresentino solo la punta dell’iceberg - spiega lo studio - è dimostrato in primo luogo dal momento che si riferiscono solo alla regione di Teheran” mentre le altre aree del Paese risultano ancora scoperte. Inoltre, perché sempre in relazione a quel periodo sono poi emersi decine di altri casi documentati di persecuzioni a sfondo confessionale nella capitale che si vanno a sommare a quelli già noti e che “coinvolgono almeno 96 persone”. Infine, le cifre mostrano solo una minima parte della politica repressiva degli ayatollah perché “il 58% dei casi non è stato denunciato” per timore di ulteriori rappresaglie e “non era noto in precedenza agli autori”.
La seconda metà del rapporto contiene poi un’analisi dettagliata dei file sottratti dai cassetti dei giudici della capitale, tra cui 10 approfondimenti chiave sulla sistematica repressione delle attività cristiane nella Repubblica islamica. L’analisi comprende la spiegazione di come i fedeli siano diffamati venendo definiti membri di una “setta” e considerati una “minaccia” per la sicurezza; di come la promozione del cristianesimo sia criminalizzata; di quanto spesso i cristiani siano interrogati sulle loro convinzioni o in materia di culto, per poi costretti a ritrattare; come la Bibbia venga considerata alla stregua di merce da contrabbando o possa essere equiparata alla prova di un crimine; infine, delle sistematiche accuse mosse contro i cristiani per attività ordinarie e pratiche religiose quotidiane, come cantare canzoni di culto nelle funzioni
“I documenti coprono un’ampia gamma di procedimenti giudiziari, dai casi penali che coinvolgono comuni cittadini ai fascicoli di prigionieri politici o religiosi, e fanno luce sugli angoli più oscuri del sistema giudiziario della Repubblica islamica”. Questo materiale, sottolinea il rapporto dei movimenti attivisti, offre “a ricercatori, esperti e membri del pubblico spunti di riflessione sulla mentalità, sui processi decisionali e sulle procedure operative dell’apparato giudiziario e della sicurezza iraniano” in un clima di crescente oscurantismo.
Nel mirino dei servizi
Oggi in Iran vi sono circa 300mila cristiani (di tutte le denominazioni), su un totale di quasi 86 milioni di abitanti. Gli armeni, gli assiri e i caldei rappresentano i raggruppamenti religiosi più tradizionali in Iran e costituiscono oltre il 90% della popolazione cristiana iraniana. Essi non svolgono alcuna attività missionaria e anche la pratica del culto, a volte, risulta difficoltosa. Tra le altre tendenze rilevate lo scorso anno vi sono la confisca delle proprietà e il controllo delle loro finanze, mentre i membri delle diverse comunità - cattolica, protestante, etc - arrestati e i loro avvocati sono sempre più di frequente oggetto di pesanti interrogatori. Lo scopo delle autorità carcerarie e dei servizi di intelligence e sicurezza è carpire informazioni su fantomatici fondi esteri o sul sostegno di qualche ente o istituzione straniera. “Nella seconda metà del 2024, i cristiani - accusa lo studio - sono stati presi di mira in almeno cinque città diverse nell’arco di due mesi”.
Ogni arresto è stato effettuato da agenti dei servizi segreti del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Pasdaran, Irgc), con incriminazioni pretestuose comminate secondo una disposizione contenuta in un emendamento all’articolo 500 del Codice penale islamico. Esso prevede una pena massima fino a 10 anni di reclusione nei casi in cui il sospettato abbia ricevuto “aiuto finanziario o organizzativo dall’esterno del Paese”. “Il governo iraniano - affermano gli esperti che hanno curato il rapporto - sembra aver intensificato gli sforzi per isolare e minare finanziariamente la comunità cristiana, come parte di una strategia più ampia per sopprimere la sua crescita e influenza”. “Fare donazioni finanziarie, offerte caritatevoli o pagare decime per sostenere le attività della Chiesa - concludono - sono pratiche standard per i cristiani di tutto il mondo, ma tali attività sono state criminalizzate dai tribunali rivoluzionari iraniani”.
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12/09/2023 11:16
26/09/2023 11:51