17/02/2025, 12.06
IRAN
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Teheran: disordini e proteste per l’uccisione di uno studente universitario

Amir Mohammad Khaleghi, 19enne, è stato pugnalato da “scippatori” la scorsa settimana nei pressi del campus. La sua morte ha innescato manifestazioni contro insicurezza e cattiva gestione degli atenei. Voci - smentite dal governo - di arresti fra i manifestanti. Per l’anniversario della rivoluzione islamica “graziate” le due giornaliste che avevano denunciato l’uccisione di Mahsa Amini. 

Teheran (AsiaNews) - In Iran non si ferma la protesta studentesca con in prima fila gli universitari, tornati in piazza per manifestare contro l’uccisione la scorsa settimana di Amir Mohammad Khaleghi, 19enne iscritto alla facoltà di Gestione d’impresa all’università di Teheran e pugnalato a morte da “scippatori”. Il giovane è stato ucciso la sera del 13 febbraio nei pressi dell’ateneo in circostanze misteriose, che sollevano più di un dubbio all’interno del mondo studentesco e giovanile in tema di sicurezza e ordine pubblico. Da qui la decisione di manifestare, con cortei e capannelli che dalla capitale si sono estesi in diverse zone della Repubblica islamica e che vengono osservati con grande attenzione - e preoccupazione - da polizia e ayatollah nel timore di una escalation. 

Anche un fatto di cronaca nera rischia di innescare violenze e tensione in un Paese gravato da una durissima crisi economica acuita dalle sanzioni occidentali e, col ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, nel mirino di Israele e Stati Uniti per il programma nucleare. In questo quadro, nei giorni scorsi si sono svolte numerose manifestazioni col sostegno delle organizzazioni studentesche. I manifestanti dell’università di Teheran hanno marciato al grido “Se non ci uniamo, saremo uccisi uno per uno” invocando solidarietà fra studenti. Slogan e canti anche contro la “tirannia” nel volto del regime degli ayatollah e delle istituzioni che governano lo Stato. 

Anche un gruppo di studenti della facoltà di Belle Arti ha marciato intonando lo slogan “Non vogliamo spettatori, unitevi a noi” e “Grida, studente, grida per i tuoi diritti”. Diverse organizzazioni e associazioni hanno rilasciato dichiarazioni di condanna per l’uccisione di Amir Mohammad Khaleghi. Un gruppo di giovani dell’università Allameh Tabataba’i ha dichiarato che “questo incidente non solo mette in evidenza l’insicurezza nelle istituzioni scolastiche, ma espone anche l’irresponsabilità e l’incompetenza degli amministratori e delle autorità competenti”. La dichiarazione sottolinea inoltre che “il governo è incapace di garantire qualsiasi aspetto della sicurezza - economica, sociale o psicologica - alla popolazione” e “la sua unica strategia sostenibile è la repressione diffusa e sistematica”. Ha anche osservato che “la povertà e la disuguaglianza sociale hanno alimentato la criminalità nella società, colpendo anche i campus universitari”.

I disordini sono iniziati il 14 febbraio, quando gli studenti hanno organizzato un sit-in nel cortile del complesso di dormitori del campus capitolino. Le forze di sicurezza e gli agenti in borghese hanno circondato la struttura, arrestando quattro studenti. Sebbene gli studenti detenuti siano stati successivamente rilasciati su pressione dei loro compagni, le notizie di un uso eccessivo della forza, tra cui un manifestante che ha riportato la frattura del naso, hanno accresciuto l’indignazione e alimentato ancor più la protesta. Amir Mohammad Khaleghi sarebbe stato accoltellato mortalmente da “scippatori” nei pressi dell’università, ma al momento non vi sono notizie relative alla cattura dei responsabili. In risposta al malcontento, il ministro della Scienza Hossein Simayee Sarraf - negando le accuse di fermi fra gli studenti - ha annunciato l’intenzione di installare telecamere di sorveglianza e punti di sicurezza nelle aree vulnerabili del campus. Al contempo l’ufficio del Procuratore di Teheran ha dichiarato di aver assegnato un investigatore speciale in relazione al caso. 

Infine, dall’Iran giunge la notizia del “perdono” - con proscioglimento da ogni accusa - per le due giornaliste che avevano denunciato la morte di Mahsa Amini nel settembre del 2022 per mano della polizia della morale. Una uccisione avvenuta a seguito del fermo della giovane di origini curde all’uscita di una metro della capitale, che aveva poi innescando l’imponente ondata di protesta anti-hijab (il velo islamico) al grido “Donna, vita, libertà” con la sua scia di sangue e repressione.

Secondo quanto riferisce il portale Mizan le giornaliste Elaheh Mohammadi e Niloofar Hamedi erano state condannati rispettivamente a 12 e 13 anni di carcere da un tribunale rivoluzionario iraniano nel 2023. Entrambi erano state temporaneamente rilasciate lo scorso anno dopo aver trascorso 17 mesi dietro le sbarre e, in seguito, assolte dall’accusa di “collaborazione con gli Stati Uniti” in una corte di appello. Altri capi di imputazione come “collusione contro la sicurezza nazionale” e “propaganda contro il regime” erano rimaste pendenti. Tuttavia, il provvedimento di grazia - applicato in occasione dell’anniversario della rivoluzione islamica del 1979 e approvato dalla guida suprema Ali Khamenei - determina la cancellazione di ogni accusa e la chiusura definitiva della vicenda a carico delle croniste.

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