Teheran, morto in prigione ambientalista iraniano. Scontro sulla tesi del suicidio
Kavous Seyed Emami, 64enne studioso, era uno dei leader della Persian Wildlife Foundation. Secondo la procura egli era parte di una rete di spie al servizio di Cia e Mossad. I Pasdaran mostrano un filmato della cella che confermerebbe il suicidio. Un gruppo di parlamentari, attivisti e la famiglia smentiscono la versione ufficiale.
Teheran (AsiaNews) - Si sono svolte sotto una pioggia battente, e un clima di calma apparente, le esequie dell’ambientalista e sociologo iraniano di origini canadesi Kavous Seyed Emami, morto suicida - secondo la versione delle autorità - nel carcere di Evin a nord di Teheran. Circa 200 persone hanno partecipato al rito funebre del 13 febbraio scorso, nel piccolo cimitero del villaggio montano di Emameh, distante circa 40 km dalla capitale.
Secondo la versione ufficiale della procura e dei vertici della prigione, all’interno della quale sono rinchiusi detenuti politici e oppositori, egli si sarebbe tolto la vita in cella; dietro l’arresto, l’accusa mossa dal procuratore di Teheran Abbas Jafari Dolatabadi di far parte di una rete di spionaggio che operava a favore della Cia (Stati Uniti) e del Mossad (Israele).
Kavous Seyed Emami, 64enne personalità di primo piano della Persian Wildlife Foundation, una delle più importanti Ong attive in Iran a tutela dell’ambiente e delle specie minacciate, è stato fermato dalla polizia il 24 gennaio. Il 9 febbraio le autorità della prigione hanno convocato d’urgenza la moglie dello studioso, per comunicarle il suicidio in carcere.
Familiari e amici dell’ambientalista contestano la versione ufficiale fornita dalle autorità e non credono che si sia tolto la vita di proposito, in cella. Anche parte dell’opinione pubblica e alcune fazioni moderate e progressiste in Parlamento chiedono di fare piena chiarezza su una vicenda che presenta molti elementi oscuri. Nei giorni scorsi si è svolta l’autopsia sul cadavere dello studioso; i risultati, attesi dalla famiglia nel tentativo di raccogliere maggiori informazioni sulle cause del decesso, dovrebbero essere resi pubblici nei prossimi giorni.
Il procuratore di Teheran Dolatabadi ha rivendicato lo “smantellamento” di una rete collettiva di esponenti della Cia e del Mossad attivi sul territorio iraniano, con l’obiettivo di “causare crisi ecologiche”. Secondo l’accusa la Persian Wildlife Foundation è stata fondata “un decennio fa” per raccogliere “informazioni classificate nel settore della difesa e dei missili”. I suoi esponenti si sarebbero infiltrati all’interno della comunità scientifica locale e raccolto materiale sensibile, fra cui basi missilistiche.
Kavous Seyed Emami sarebbe stato uno dei principali canali di contatto con gli agenti dei servizi segreti americani e avrebbe ospitato funzionari della Cia. Uno dei principali canali di sostegno finanziario della rete sarebbe stato tale Morad Tahbaz, cittadino con passaporto irlandese-britannico-americano, anch’egli membro della Persian Wildlife Foundation e arrestato il mese scorso.
Nei giorni scorsi i Pasdaran (il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica) hanno mostrato un video relativo alle ultime ore di vita di Kavous Seyed Emami. Immagini che confermerebbero la versione ufficiale del suicidio. Tuttavia, diversi parlamentari - dopo aver visto il filmato - sollevano dubbi e perplessità, chiedendo un ulteriore approfondimento di indagini. Fra questi vi è il vice-presidente del Parlamento Ali Motahhari, il quale afferma che il video non mostra il momento in cui lo studioso si toglierebbe la vita impiccandosi con la sua camicia.
In realtà, secondo alcune fonti che chiedono l’anonimato dietro la morte sospetta di Emami si nasconderebbe un nuovo fronte della crescente tensione fra Pasdaran (conservatori e ala religiosa) e il fronte moderato e riformista vicino al presidente Hassan Rouhani. Alla base dello scontro la posizione giudicata troppo “molle” del presidente, sia sul fronte interno che verso l’Occidente col quale ha firmato l’accordo nucleare (il Jcpoa) nel 2015. (DS)