Teheran, arrestata la figlia di Rafsanjani: fomenta la protesta per Mahsa Amini
La figlia dell’ex presidente deve rispondere di incitamento alla rivolta. Il bilancio sale a circa 80 vittime e oltre 1.200 arresti. Raisi si dice “rattristato” per il decesso della 22enne curda, ma minaccia il pugno di ferro contro il “caos”. Dall’esilio Usa il figlio dello Shah parla di “rivoluzione femminile dei tempi moderni”. La solidarietà di Nazanin Zaghari-Ratcliffe.
Teheran (AsiaNews) - Nella Repubblica islamica non si allentano le tensioni e le proteste di piazza innescate dalla morte a metà settembre di Mahsa Amini nelle mani della polizia della morale, che si sono trasformate in una battaglia aperta - con in prima fila le donne - per le libertà e i diritti. Il presidente Ebrahim Raisi usa la doppia arma del bastone e della carota, ammettendo di essere “rattristato” per il decesso della 22enne di origini curde, ma di non tollerare al contempo “il caos” o l’ulteriore escalation, alimentata dall’estero, delle manifestazioni. E a farne le spese, in uno dei tanti arresti eccellenti di questi giorni, è la figlia dell’ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, Faezeh Hashemi, finita nel mirino delle autorità con l’accusa di aver “fomentato la rivolta”.
Secondo quanto riferisce l’agenzia Tasnim, la 59enne avrebbe già dei “precedenti” in tema di arresti, a causa “della sua presenza in alcune proteste del passato”. Nel luglio scorso le autorità hanno incriminato Faezeh, ex parlamentare e attivista per i diritti delle donne, per “propaganda contro il regime” sui social. Il padre, un moderato, durante gli anni alla guida del Paese avrebbe cercato - invano, tanto da essere defenestrato dall’ala ultraconservatrice - un “riavvicinamento” con Occidente e Stati Uniti, il "grande satana" per gli ayatollah.
Intanto cresce il bilancio dell’ondata di proteste, con le organizzazioni umanitarie che contano circa 80 vittime e oltre 1.200 arresti. Ieri alla tv di Stato è intervenuto il presidente Raisi il quale ha sottolineato che “siamo tutti rattristati da questo tragico incidente... [Tuttavia] il caos è inaccettabile” e la “linea rossa” per il governo è la “sicurezza del popolo”. “Non possiamo permettere - ha concluso - che le persone disturbino la pace della società fomentando rivolte”.
Incuranti delle minacce, i manifestanti continuano però a scendere in piazza in tutto il Paese e a rilanciare i video sui social, con canti e slogan fra cui “morte al dittatore” che colpiscono al cuore i vertici delle istituzioni, dal presidente alla guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Ciononostante, un tracollo della Repubblica islamica sotto il peso della protesta sembra remoto nel breve termine, anche perché i vertici sono pronti a usare tutte le risorse, compreso il pugno di ferro, per restare saldi al potere ed evitare la fine dello Shah ai tempi della rivoluzione islamica del 1979.
Chi invece sembra mostrare ottimismo è proprio il figlio dell’ex leader iraniano prima dell’ascesa degli ayatollah. Commentando la protesta anti-hijab e per la morte di Mahsa Amini, dal suo esilio statunitense Reza Pahlavi parla di “prima rivoluzione femminile” dei “tempi moderni”. Una rivolta “delle donne, fatta da donne, con il sostegno degli uomini: figli, fratelli e padri”. Nel 1936 è stato il nonno di Reza a mettere al bando il velo islamico, mentre il padre lo aveva dichiarato facoltativo. “Le donne - ha concluso - devono poter decidere se indossare o meno il velo. Ma deve essere una scelta, una libera scelta, non imposta per motivi ideologici o religiosi”.
Ancora più radicale l’opinione di Nazanin Zaghari-Ratcliffe, cittadina britannica di origini iraniane, che ha trascorso sei anni nelle carceri della Repubblica islamica con l’accusa di spionaggio, che lei ha sempre respinto. In un video affidato alla Bbc la donna, solidarizzando con uno dei gesti simbolo della protesta, si mostra mentre si taglia i capelli. Alla fine del filmato afferma decisa: “Per mia madre, per mia figlia, per la paura dell’isolamento, per le donne del mio Paese, per la libertà”.