19/07/2024, 08.44
RUSSIA
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Tatarstan, i ‘consigli’ dell’imam sulla violenza domestica

di Vladimir Rozanskij

Ha destato scalpore in Russia un video diffuso dal sito ufficiale della Repubblica caucasica e dedicato alle “percosse” alla moglie. Nonostante il 90% dei russi invochi una legge a protezione delle donne il provvedimento resta bloccato alla Duma.

Mosca (AsiaNews) - Il sito ufficiale della repubblica caucasica russa del Tatarstan, Tatar-Inform, ha pubblicato una video intervista durante la trasmissione “Un tè con il Khazrat” con l’imam locale Timur Kamaev, in cui il rappresentante religioso spiega come si deve picchiare la propria moglie “in modo corretto”. A suo parere non bisogna “cominciare subito a picchiare, all’inizio si deve provare con esortazioni, quindi rifiutare di dormire insieme, affinché la donna cominci a riflettere sugli errori che sta commettendo”. Se nessuno di queste procedure raggiunge un risultato, allora è il caso di “passare alle percosse”.

Il termine “percosse”, spiega Kamaev, è differente da “colpi” veri e propri, ricorre nelle āyāt del Corano come metodo per far capire alla moglie che sta facendo qualcosa che non va bene, e ci devono essere le “opportune gradazioni: si può usare un siwak” - un bastoncino leggero -  “e con quello dare un paio di piccoli colpi in modo accurato, quando il braccio si muove soltanto dal gomito, non con tutti i muscoli dalla spalla”. Il gesto viene mostrato direttamente dall’imam durante l’intervista, esprimendo anche nel volto “l’insoddisfazione del marito per essere costretto a giungere fino a queste misure”.

Dopo la diffusione dell’intervista, che ha suscitato grande scandalo, lo stesso imam Timur ha contestato l’interpretazione, a suo parere “estrapolata dal contesto”, avendo egli ripetuto più volte che “la donna non si deve picchiare in nessuna circostanza”. Le punizioni consigliate sarebbero al contrario un modo “simbolico” di richiamare la moglie all’ordine, e in questo starebbe il senso di un’altra frase da lui pronunciata, secondo cui “bisogna colpire in modo da non lasciare alcun segno”. La violenza vera e propria “viene invece condannata dal Corano come peccato” e le donne vittime di violenza devono immediatamente denunciare il marito alle autorità religiose e a quelle di polizia.

Sul sito stesso l’intervista viene poi accompagnata da un’indagine sociologica, secondo la quale in realtà quasi il 90% dei russi sostiene la necessità di istituire una legge contro la violenza domestica. Una variante di questa è già stata discussa alla Duma, ma è stata bloccata anche per la contrarietà espressa dalle comunità religiose, non solo quella dei musulmani, ma anche degli ortodossi del patriarcato di Mosca.

Nella discussione parlamentare, dalla dirigenza è stato chiesto ai deputati di non usare come argomento la violenza dei soldati che ritornano dal fronte in Ucraina, ma di parlare della violenza domestica in generale, e comunque la discussione è stata troncata in modo piuttosto brusco. Dal Cremlino giungono commenti che accennano a un accordo diretto tra il presidente Vladimir Putin e il patriarca di Mosca Kirill, per sospendere le iniziative legislative sulla violenza domestica.

Dopo la discussa intervista all’imam Kamaev, l’amministrazione religiosa dei musulmani del Tatarstan non ha smentito il proprio rappresentante, ma ha invitato ad “ascoltare la versione integrale” della conversazione, confermando che “conferire dolori fisici o morali è un peccato condannato dall’islam”. Il video è stato cancellato da Tatar-Inform, ma si è diffuso moltissimo su varie altre piattaforme, comprese YouTube e Telegram, dividendo gli utenti tra critici e favorevoli.

Il presidente della commissione patriarcale per le questioni della famiglia, della difesa della maternità e dell’infanzia, padre Fëdor Lukjanov, ha commentato condannando ogni forma di violenza tra i coniugi, ma ha ribadito che le iniziative legislative non devono “intromettersi nello spazio sacro della famiglia”. Dal 2017 vige al contrario una legge, firmata da Putin dietro suggerimento del patriarca Kirill, sulla “de-criminalizzazione dei conflitti domestici”.

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