Taipei, alla Casa di Sant’Anna la missione passa per i bimbi disabili
Taipei (AsiaNews) - In portineria c'è Agustin, che mi chiede se sono cattolico e mi dice che è stato battezzato la scorsa Pasqua. Gli chiedo se posso parlare con suor Petronelly e lui mi risponde: "Fino alle due e mezza di solito fa la siesta, poi puoi vederla". Aspettandomi una donna anzianissima, a cui bisogna parlare con calma per farsi capire, mi trovo invece di fronte a una vivace ottantanovenne che in cinese si chiama 柯德蘭修女.
La religiosa è nata in Olanda nel 1923 e dopo una vita in missione tra i disabili e i bambini abbandonati nel suo Paese, a 49 anni ha preso l'aereo per Taiwan, su invito di padre Beunen (白永恩神父) anche lui olandese, amico di famiglia, tornato in patria per circa un mese per raccogliere volontari a favore dei disabili di Taiwan.
Lei ci racconta: "Padre Beunen è andato a parlare con la mia superiora generale e con la mia famiglia e ha detto loro 'mi serve vostra figlia... E anche qualcun'altra'. Che tempi! Padre Beunen era un carro armato, un missionario vecchio stile: prima, molto prima che io arrivassi, aveva trovato una casa e alcuni volontari per i ragazzi zoppi e disabili del quartiere e li aveva organizzati in una cooperativa per lavorare e rendersi indipendenti".
Subito dopo, la religiosa spiega, "il sacerdote ha lavorato per sei o sette anni con i poliomelitici, nell'altra parrocchia che i padri avevano vicino a dove ora c'è la stazione della metropolitana di Mingde (明德站). Ma la grande emergenza dell'epoca era quella dei bambini disabili che praticamente venivano totalmente trascurati o sparivano dalla circolazione. A quei tempi Taiwan era povera, non economicamente avanzata come ora. Io sono arrivata il 18 ottobre del 1972 e a Natale abbiamo lanciato in parrocchia l'idea di una casa per questi bimbi; per l'Epifania avevo già sette bambini sei dei quali lasciati sulla soglia della porta dai loro genitori, gente povera o comunque senza le possibilità o la forza di far crescere quei bambini".
Come anche nella Cina continentale "a quel tempo c'era il marchio morale: avere un bimbo disabile era in qualche modo considerato una punizione, o comunque una vergogna. E abbandonarlo era una vergogna ancora più grande, non volevano essere visti. Comunque non sarebbe giusto giudicarli, la pressione sociale era davvero forte su di loro".
Qualche mese fa, in occasione del 40mo anniversario della Casa Sant'Anna, è uscito un libro con le foto e i racconti dell'epoca: "A quei tempi non avevamo nemmeno una lavatrice, era tutto lavato a mano. Dall'Olanda ci siamo fatti mandare un carico di pannolini, padre Beunen è anche andato negli Stati Uniti per raccogliere fondi e altri volontari. Si dormiva tutti nello stesso grande letto coi bambini, era una famiglia come una famiglia è ancora oggi".
La nuova casa, aperta due anni fa, oggi ospita 42 bambini: è una costruzione di sette piani, al suo interno ha uno studio dentistico il medico generico viene ogni due settimane per i controlli. Al momento ci sono 28 operatori sul libro paga, con turni che coprono le 24 ore della giornata. "Io ho parlato della difficoltà degli inizi, ma la generosità che ha mostrato la gente, sia a Taipei che fuori Taiwan, è stato quello che ci ha permesso di costruire e continuare questo grande progetto, questo segno di speranza per tutti questi essere umani che in realtà sono il regalo più bello che Dio mi ha dato nella mia vita".
Le operatrici, tra le quali solo una è un'infermiera professionale, devono sottoporsi a un anno di tirocinio per poi essere accettate come dipendenti: "Ogni piano ha sei operatrici che coprono tutti i turni di lavoro, nelle prime settimane in realtà capiamo subito se sono idonee o meno ad accudire i bambini e i ragazzi".
I ragazzi stanno tornando dalla scuola: "Questa è la dimostrazione di quanto Taiwan sia ora al passo coi tempi. Quarant'anni fa venivano letteralmente buttati fuori dagli ospedali, soprattutto se oltre a essere disabili avevano problemi di salute, invece ora vanno a scuola tutti i giorni fino alle quattro, hanno insegnanti bravissimi, imparano a parlare bene o almeno ad esprimersi, se sono fortemente disabili, tre di loro sono anche ciechi e vanno a una scuola per ciechi con insegnanti specializzati. E alla sera, tutti a dormire alle nove".
I ricordi degli ultimi 40 anni sono molti: "I ricordi belli sono tantissimi, il fatto di vivere con questi bimbi è quanto di più grande abbia mai potuto chiedere. Diceva padre Beunen 'chi è più puro di loro?'. Lui è morto nel 2002 e ci ha lasciati con questa idea, la fortuna di poter essere ogni giorno con queste persone eccezionali".
Alcune storie di Casa Sant'Anna sono sorprendenti: "Una volta una giovane donna è venuta e per circa due ore ha portato in braccio uno dei bambini che avevamo qui, per tutto il tempo sempre lo stesso bimbo. Le ho chiesto se fosse la mamma e lei mi ha detto di no, che voleva solo essere una volontaria. E così per tutta la settimana. Poi un giorno è venuta piangendo e dietro a lei c'era un uomo. Mi hanno detto: 'Ieri ci siamo sposati regolarmente, siamo la mamma e il papà del bimbo, siamo intenzionati a riprenderlo'. E così è stato, e quel bimbo li ha resi ancora più felici".
Adesso Casa Sant'Anna ha anche una fondazione intitolata a padre Beunen, si occupa di raccogliere fondi per l'opera e ha in programma di aprire un'altra casa come questa nel sud dell'isola, a Kaohsiung: "Vedremo cosa ci farà capire il buon Dio".
Soprattutto non si dimentica mai il motore di tutto, la fede: "Qui facciamo anche evangelizzazione alla fede: ogni domenica abbiamo cinque messe nella nostra chiesetta, due in cinese e tre in inglese, perché qui vicino c'è la scuola americana e gli stranieri sono tanti, è sempre una bella condivisione, ogni Pasqua si fanno tra i 20 e i 30 battesimi. In realtà vedere come i volontari e gli operatori qui si prendono cura dei bambini è per tutti una scuola di vita e di fede".