Ta Khmau, terra ‘di primo annuncio’ dove i cristiani sono cinque
La testimonianza di p. Giovanni Tulino, missionario del Pime. “Al mattino, il salone della nostra casa è un asilo, il pomeriggio un oratorio, la domenica una cappella”. Per la Chiesa in Cambogia, educazione e sanità sono le chiavi per entrare nei cuori delle persone.
Phnom Penh (AsiaNews) – Due sacerdoti, cinque cristiani e otto catecumeni: è questa la comunità cattolica di Ta Khmau, una decina di chilometri a sud di Phom Penh. “Siamo in terra di prima evangelizzazione. Qui vi sono persone che davvero non hanno mai sentito parlare di Gesù”, racconta ad AsiaNews p. Giovanni Tulino (foto), sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) che in Cambogia, ha trascorso quasi sei dei suoi 41 anni. Due anni fa mons. Olivier Michel Marie Schmitthaeusler, vicario apostolico della capitale, lo ha inviato in questa località per affiancare il parroco, un sacerdote francese della Società per le missioni estere di Parigi (Mep) da 20 anni nel Paese del Sud-est asiatico. “In luoghi come questi – afferma p. Tulino – un missionario diventa parte di una storia che, scritta da altri prima di lui, è chiamato a continuare costruendo dalle fondamenta”.
Ta Khmau è una zona pastorale nuova, fondata solo cinque anni fa. “È stata un’intuizione del vescovo – afferma il sacerdote –. Questa è la prima grande periferia di Phnom Penh che, attraverso la costruzione di strade e l’espansione urbanistica, l’ha di fatto inglobata. A Ta Khmau si stanno trasferendo tanti residenti della capitale, perché qui la vita ha un costo minore; inoltre, vi sono ancora terra e industrie. Per questo, mons. Schmitthaeusler vi ha visto un luogo di evangelizzazione. Il primo ad arrivare è stato il mio confratello p. Mario Ghezzi, quando qui non vi era ancora nulla dal punto di vista ecclesiale. P. Mario ha acquistato una casa e avviato le prime attività missionarie”.
Nonostante la comunità di Ta Khmau sia molto piccola, la giornata di p. Tulino è ricca di impegni. “Nella nostra casa – spiega – gestiamo un piccolo asilo diurno per i bambini del quartiere, tutti figli di coppie buddiste che al mattino vanno a lavorare. Senza questo servizio, padri e madri non saprebbero dove lasciarli. Il pomeriggio invece il salone della casa si trasforma in oratorio ed accoglie i ragazzi del circondario, che possono svagarsi anche nel nostro terreno (unico spazio aperto della zona). Il cancello è sempre aperto, dalle sei del mattino fino alle sei di sera. Da due mesi poi, a Ta Khmau abbiamo avviato anche una missione medica per i villaggi circostanti. Siamo convinti che educazione e sanità siano le chiavi per entrare nei cuori delle persone”.
La prima persona che p. Mario Ghezzi ha battezzato nella missione era un uomo giunto dalla provincia, che ora è tornato al suo villaggio. Lo scorso anno, p. Tulino ha celebrato cinque battesimi di adulti. Tra queste persone, ve ne erano tre che non sono originarie del luogo. I primi cristiani di Ta Khmau sono invece due donne: mamma e figlia. “La madre lavora con noi – racconta –. La sua è per me una grande testimonianza di fede. Questa donna è analfabeta e malata. Suo marito l’ha lasciata con tre figli da mantenere. P. Mario l’ha aiutata assumendola come addetta alle pulizie e sostenendola nel percorso medico. Affascinata dalla gratuità con cui il mio confratello si prendeva cura di lei, tre anni fa questa donna ha chiesto di iniziare il catecumenato. Prima di ricevere il battesimo, è consuetudine che i catecumeni cambino il proprio nome e ne scelgano uno cristiano. Quando le ho chiesto come avrebbe voluto chiamarsi, lei mi ha risposto: ‘Vorrei che il mio nome fosse Maria, perché lei è stata la prima serva del Signore. Io vorrei essere la prima serva di questa comunità’. Queste parole mi hanno colpito nel profondo e mi hanno fatto pensare al passaggio del Vangelo in cui Gesù ringrazia il Padre ‘perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai saggi e le hai rivelate ai piccoli’ (Matteo 11,25)”.
“Insieme a Maria e il resto del piccolo gruppo battezzato l’anno scorso, e grazie al sostegno di qualche cristiano di altre comunità – conclude p. Tulino – stiamo cercando di costruire la Chiesa locale intesa anzitutto come famiglia. La domenica, oltre a riunirci per la messa, ci dedichiamo alle attività di catecumenato. Quest’anno, a Pasqua non celebreremo battesimi. Il catechismo dura in media tre-quattro anni e al momento l’hanno intrapreso otto persone: quattro sono al primo anno, le altre al secondo. Il lavoro a cui sono chiamato è entusiasmante, ma non mancano momenti di frustrazione e incomprensione. Per noi missionari, in contesti come quello di Ta Khmau è necessario avere pazienza. I frutti del mio lavoro non li vedrò io; non li vedrà chi viene dopo; forse, li vedranno le terze o quarte generazioni di sacerdoti che verranno a prendersi cura di questa comunità. Me lo ripeto tutte le mattine: questo non è ancora il tempo della semina; è il tempo in cui si prepara il terreno”. (PF)
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