Sull’Accordo sino-vaticano è urgente il dialogo fra i due cardinali
Occorre seguire l’idea di papa Francesco, secondo cui “il tutto è superiore alla parte”. Nella Chiesa vi sono due partiti impermeabili fra loro: pro-Cina e anti-Cina; pro-Bergoglio e anti-Bergoglio. Trovare una posizione comune, anche in vista della scadenza del 21 settembre 2020, quando scadrà l’Accordo. Tale Accordo, anche se ha aspetti positivi, non è mai stato messo in pratica. Rifiutare una “Chiesa indipendente” che non ammette legami “con gli stranieri” e l’evangelizzazione dei giovani. La divisione fra i cattolici serve al Partito comunista cinese.
Roma (AsiaNews) - Scrivo queste parole con dolore nel vedere due cardinali che ho l’onore di conoscere, due testimoni della fede e collaboratori del pontefice nella missione della Chiesa, dover dibattere in pubblico senza forse aver parlato direttamente fra loro (v. lettere del card. Re e del card. Zen). Mi dà l’impressione che in Vaticano, come nel mondo, si preferisca affermare la propria verità o meglio il proprio punto di vista, senza cercare l’ascolto dell’altro, facendo la fatica di giungere a una sintesi.
Il card. Zen mi ha detto che nelle sue venute a Roma si è trovato spesso davanti a un muro di silenzio.
Proprio durante il pontificato di Francesco, il quale sottolinea molte volte che “il tutto è superiore alla parte” (E.G., nn. 234-237), accade che nella Chiesa si siano costituiti due fronti contrapposti e impermeabili: tradizionali e liberali; pro-Cina e anti-Cina; pro-Accordo e anti-Accordo; … Tutto poi viene assimilato a due partiti fondamentali: pro-Bergoglio e anti-Bergoglio, per cui una minima perplessità su un fatto o sulla vita della Chiesa viene subito ingabbiata a priori: è pro o contro Bergoglio?
Anche la lettera del card. Re rischia questo schema quando afferma che le “affermazioni molto pesanti” del card. Zen “contestano la stessa guida pastorale del Santo Padre”. Eppure, anche il card. Re riconosce che in Cina “sul piano dottrinale” e “su quello pratico… permangono tensioni e situazioni dolorose”, che il vescovo emerito di Hong Kong mette in luce.
Il punto mi sembra che occorra far dialogare e trovare una sintesi fra la posizione del card. Re, secondo cui l’Accordo sino-vaticano è positivo e “al momento attuale, è parso l 'unico possibile”, e quella del card. Zen, che è vicino “a tutti i fratelli desolati” che subiscono ogni giorno pressioni, violazioni, cacciate, soffocamenti e distruzioni. Essi comprendono i fedeli delle comunità non ufficiali, ma anche molti sacerdoti e vescovi della Chiesa ufficiale che non vedono alcun miglioramento di libertà religiosa dopo l’Accordo.
È tempo che i due partiti pro-Accordo e contro l’Accordo si parlino e trovino una posizione comune, anche in vista della scadenza del 21 settembre 2020, quando tale accordo scadrà. Se occorre rinnovarlo, bisogna che sia fortemente migliorato, correggendo alcune sfasature presenti in quello già firmato nel 2018.
1. Come ho già detto altre volte, l’Accordo – che prevede “l’ultima parola” del papa sulle nomine dei nuovi vescovi – ha un aspetto positivo perché aggancia in qualche modo le nomine dei prelati cinesi al pontefice. E questo è un dato nuovo che non appariva dai tempi di Mao. Ma rimane il dubbio che questo aggancio sia solo una “benedizione” dall’esterno perché non è chiaro se il papa ha diritto di veto e se tale diritto è permanente o temporaneo.
Vale la pena spiegare anche come mai dopo l’Accordo non vi è stata alcuna ordinazione episcopale in Cina. Le due ordinazioni che sono avvenute nel 2019 erano in realtà già state decise molto tempo prima e non possiamo mentire – come ha fatto la stampa cosiddetta “pro-Bergoglio” - dicendo che esse “sono frutto dell’accordo”. Da questo punto di vista, bisogna dire che l’Accordo, anche se ha un aspetto positivo, non è mai stato messo in pratica.
2. Lo sdoganamento per l’appartenenza a una “Chiesa indipendente”, come suggerito dagli “Orientamenti pastorali…” ha bisogno di puntualizzazioni. Se infatti per il Vaticano è chiaro che si parla solo di “indipendenza” di tipo politico, l’ambiguità sta nel Partito che continua a esigere indipendenza “tout court”, senza distinzioni. Tant’è vero che nell’adesione alla “Chiesa indipendente” si esige che vescovi e preti non devono “contattare le potenze straniere, non accogliere gli stranieri, non accettare nessun delega dalle comunità o istituzioni religiose straniere”. In più, nel “pacchetto” della “Chiesa indipendente” è compreso il negare “la formazione religiosa ai minorenni” e non compiere alcuna azione religiosa al di fuori dei confini del luogo registrato (niente estreme unzioni negli ospedali, né preghiere o benedizioni in casa, …). Che vescovi e sacerdoti accettino queste cose con ovvietà è preoccupante.
3. E’ evidente che la situazione della Chiesa in Cina dopo l’Accordo è peggiorata: chiese chiuse o distrutte; croci divelte dai campanili o dalle mura delle chiese; cupole rase al suolo; antiche statue di santuari sequestrate; segni religiosi in casa o all’esterno cancellati; sacerdoti cacciati via dal loro ministero. È possibile che la Chiesa cattolica e il Vaticano rimangano in silenzio mentre tanti fratelli e sorelle subiscono tali violenze? La denuncia è spesso l’unico modo per salvare questi nostri fratelli e sorelle.
Una volta ho chiesto a un membro del Partito comunista cinese come mai impiegavano tante risorse per controllare uno sparuto gruppo di cattolici in Cina (meno dell’1% della popolazione). Mi ha risposto: “Abbiamo paura della vostra unità”. Nella misura in cui taciamo, ci dividiamo e ci opponiamo, facciamo il gioco del “divide et impera” del Partito.
03/03/2020 11:54
03/03/2020 11:40
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