Studio: il nazionalismo indù è contro poveri e dalit
Bhubaneswar (AsiaNews) - In India il nazionalismo indù sta cercando di assimilare o eliminare le minoranze religiose ed etniche. I sostenitori dell'Hindutva ("l'induismo politico") vogliono "arrivare al potere e inaugurare una società indiana nella quale vivano solo indù". La denuncia è di 2 studiosi cristiani, il gesuita Lancy Lobo, direttore del Centro di cultura e sviluppo di Vadodara, nel Gujarat, e Amit Mitra, membro del Centro per gli studi ambientali di New Delhi. Essi hanno pubblicato uno studio su "Globalizzazione, nazionalismo indù e tribù Adivasi dell'India" in cui prendono in esame la situazione dei fuoricasta, tribali e altri gruppi emarginati nello stato del Gujarat (India occidentale).
I 2 studiosi affermano che il nazionalismo indù è considerato un tentativo di riscatto della casta dei bramini, la classe più alta del sistema piramidale o "verticale" delle caste. La Costituzione indiana ha reso "orizzontale" tale classificazione; le caste più alte, vista la perdita del loro status, utilizzano l'Hindutva per reclamare dignità e potere perduti, cercando in tutti i modi la riconversione all'induismo dei dalit e dei tribali cristiani o musulmani
Gli autori spiegano i motivi sociali e politici delle riconversioni. I fuori casta e gli Adivasi del Gujarat raggiungono il 22% della popolazione: in termini politici è fondamentale per i partiti indù avere l'appoggio di questi gruppi. Gli estremisti indù considerano le conversioni dei dalit come un fattore destabilizzante. Per Lobo e Mitra i partiti indù utilizzano l'Hindutva anche come diversivo politico, per non affrontare le necessità reali degli emarginati, dalit e tribali. Negli anni scorsi in Gujarat il Bharatiya Janata Party (BJP) è arrivato al potere non sulla base di un progetto di governo ma facendo leva sull'emotività religiosa della gente, promettendo una legge anti-conversioni per colpire i cristiani, varata poi nel 2003. Gli indiani poveri hanno bisogno però bisogno non di leggi anti-conversioni, ma di aiuti alla sopravvivenza, di lavoro, educazione.
Sebbene nello stato del Gujarat i cristiani siano solo lo 0,42% degli abitanti, il BJP è diventato "paranoico - sostengono i 2 autori - sull'attività dei missionari e la presenza cristiana". Il governo di marca induista ha dato via libera ad una campagna di odio anticristiano che - durante il periodo monitorato dai 2 esperti (1997-1999) - ha causato la distruzione di 26 chiese e ben 17 episodi di violenza contro i cristiani. "I sostenitori dell'Hindutva vedono la conversione come un'atrocità fisica, morale e psicologica di chi converte sul convertito" affermano Lobo e Mitra. "In questo modo essi giustificano ogni violenza contro chi opera conversioni e chi cambia religione".
I dalit, oggetto di discriminazioni ed emarginazione nel sistema castale, diventano cristiani o musulmani perchè vogliono essere riconosciuti come esseri umani. Secondo lo studio, ad esempio, il governo caccia con la forza i tribali Adivasi dalle loro terre, ricche di foreste, per poi darle ai non indigeni. "Il nazionalismo indù non solo combatte la religione cristiana o quella musulmana" denunciano gli autori "ma anche i dalit e i fuori casta che cercano nel cristianesimo o nell'islam il riconoscimento della loro dignità". Accade così che chiunque serve gli emarginati in India viene considerato nemico del nazionalismo indù: chi apre una scuola per dalit e tribali, per esempio, viene subito accusato di usarla per la loro conversione.
Il Gujarat è tristemente famoso anche per alcuni scontri etnico-religiosi avvenuti nel 2002. Un atto di violenza di alcuni musulmani aveva fatto 58 vittime indù nella cittadina di Godhra. La risposta induista fu violenta: in un mese vennero massacrati più di 2000 musulmani. Gli studiosi definiscono il massacro "un pogrom sponsorizzato dallo stato": il BJP, al tempo a guida del governo nel Gujarat, ha avuto responsabilità dirette nelle violenze contro i musulmani.