Strage all’aeroporto, Mosca più vulnerabile e intollerante. Il dolore del Papa
di Nina Achmatova
Telegramma del pontefice al presidente Medvedev. Dopo l’attentato allo scalo di Domodedovo, sotto accusa polizia e intelligence incapaci di prevedere i piani dei terroristi a nemmeno un anno dalla strage nel metro. Ora il timore è un’escalation di tensione con la comunità immigrata dal Caucaso. E i leader religiosi lanciano un appello all’unità.
Mosca (AsiaNews) – “Profondo dolore e ferma riprovazione” ha espresso Benedetto XVI per “il grave atto di violenza” avvenuto ieri all’aeroporto di Domodedovo. In un telegramma inviato al presidente Dmitri Medvedev, il pontefice assicura “fervide preghiere… per le vite stroncate” e “un particolare pensiero a quanti sono rimasti feriti”.
Ad appena dieci mesi dall’attentato alla metro, il 29 marzo 2010, Mosca è ormai tristemente abituata a essere colpita al cuore dal terrorismo. Ma Il primo e più grande attacco a uno scalo aereo nella storia di Russia, quello avvenuto ieri a Domodedovo, pone direttamente sotto accusa intelligence e forze di sicurezza nazionale.
Come da copione anche stavolta è arrivata pronta la spiegazione delle autorità: si tratterebbe di un attentato kamikaze, portato a termine da caucasici e con ogni probabilità donne. Come avvenuto a marzo nel metro, quando due “vedove nere” hanno ucciso 40 passeggeri.
Le prime ricostruzioni parlano di un attentatore dai tratti arabi, di cui sarebbe stata rinvenuta la testa. Il kamikaze avrebbe avuto addosso i 7 kg di Tnt usati per la carneficina e non li avrebbe trasportati in una valigia come pensato in un primo momento. Lo proverebbe il mancato rinvenimento di un cratere nel terminal arrivi internazionali dove è avvenuta la deflagrazione. Da tempo le autorità russe accusano i mercenari arabi di sostenere la sempre più frammentata ribellione nel Caucaso del Nord, ma potrebbe trattarsi anche di qualche militante locale, come ipotizzano alcuni investigatori rispolverando l'intramontabile pista cecena.
La reazione immediata da parte del Cremlino è stato promettere il pugno di ferro contro i responsabili. Dal canto suo, invece, il premier Vladimir Putin ha preferito ritagliarsi il ruolo di padre che accudisce la nazione chiedendo ai suoi ministri di attivare ogni tipo di aiuti per i feriti e le famiglie delle vittime, lasciano da parte i toni bellicosi che di solito lo caratterizzano in queste circostanze.
Intelligence sotto accusa
La Russia che si sveglia dopo la strage di Domodedovo (35 morti) è una Russia più inquieta soprattutto alla luce del fatto che l’attentato era quasi annunciato: le forze di sicurezza hanno rivelato che sapevano dell'imminenza di un atto contro uno degli aeroporti a Mosca. Sarebbero state addirittura sulle tracce di tre sospetti che però sono riusciti a introdursi a Domodedovo e a osservare l'esplosione del loro complice prima di dileguarsi.
Uno smacco per il governo e per un Paese dove i controlli di sicurezza sono ossessivi. Lo stesso presidente Medvedev, annunciando un regime di sicurezza speciale negli aeroporti e nelle stazioni di treno e metro, ha ammesso che finora le misure antiterrorismo non sono state applicate correttamente.
Alcuni analisti non escludono una guerra sotterranea tra forze di sicurezza. Altri che si tratti di un segnale: per richiamare al Cremlino l'uomo forte, Vladimir Putin, indebolendo Medvedev, apparso impotente sotto i riflettori della tv.
Il richiamo all’unità dei leader religiosi
Di certo l’attentato è destinato a far salire la tensione interetnica nel già surriscaldato clima moscovita. Basti pensare ai recenti scontri sotto il Cremlino, a dicembre, tra la polizia e 5mila tifosi nazionalisti inneggianti contro gli immigrati dal Caucaso. O agli insulti del leader ultranazionalista Vladimir Zhirinovski, che sabato dalla tv pubblica ha accusato i caucasici di non sapere lavorare, di non studiare, di occupare tutto e di non rispettare la legge. Benzina sul fuoco di un estremismo islamico che nelle repubbliche caucasiche di Dagestan e Inguscezia, si alimenta delle spinte separatiste e del malcontento della popolazione verso Mosca, vissuta più da oppressore che da garante di pace e sviluppo della regione, come vorrebbe far credere Putin.
Per questo il richiamo dei leader religiosi cristiani e musulmani è stato subito quello all’unità. “Per questo genere di crimini non ci sono scuse” ha detto il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. “Ora tutti dobbiamo essere uniti nel combattere questi attacchi inumani contro persone innocenti”, ha aggiunto. Ha poi definito “crimine mostruoso” l’attentato, sottolineando che la vita umana è un dono di Dio e un atto del genere è un affronto non solo verso gli esseri umani ma anche contro il loro Creatore.
Parole di condanna dell’attacco all’aeroporto sono arrivate anche da capo del Comitato esecutivo dell’Associazione russa per il consenso islamico, il mufti Muhammedgali Huzin: “Non ci stancheremo di ripetere la nostra richiesta per più severe punizioni contro chi attacca la vita di persone innocenti, cercando di seminare odio nella nostra multietnica e pluralista Russia”.
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