19/12/2022, 12.00
CINA-FIGI
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Stallo elettorale a Suva: pesano i rapporti con Pechino e l’Occidente

Il premier Bainimarama, ideatore delle aperture ai cinesi, rischia di perdere il potere dopo 16 anni. Il suo antagonista Rabuka vuole prendere le distanze dalla Cina. L’ago della bilancia è una formazione d’ispirazione cristiana. Pechino cerca di allargare la propria influenza nel sud Pacifico, contrastata da Usa, Australia e Nuova Zelanda.

Pechino  (AsiaNews) – Sullo stallo elettorale nelle Figi pesano i rapporti con la Cina e il delicato equilibrio nelle relazioni con Usa, Australia e Nuova Zelanda. Il voto del 14 dicembre non ha decretato un vincitore: il partito del premier Frank Bainimarama non ha ottenuto la maggioranza, come la coalizione di opposizione guidata da Sitiveni Rabuka.

Il primo ministro in carica guida il Paese da 16 anni, dopo aver preso il potere con un golpe. Durante il suo governo le Figi hanno stretto legami più forti con la Cina, cercando allo stesso tempo di mantenere buoni rapporti con Washington, Canberra e Wellington.

Oggi nell’arcipelago vivono circa 10mila cinesi e non tutti i figiani sono contenti di questa presenza. Rabuka – anch’egli un ex militare golpista – ha dichiarato che in caso di vittoria alle elezioni prenderà le distanze da Pechino. L’ago della bilancia per formare il nuovo esecutivo è Sodelpa, partito d’ispirazione cristiana che non vuole accordi di sicurezza con i cinesi e spinge per una politica estera più allineata con Australia e Nuova Zelanda.

Il sud Pacifico è una regione dal significativo valore strategico nel confronto geopolitico tra Cina e Stati Uniti. A maggio Pechino ha siglato un patto di sicurezza con le Isole Salomone, i cui termini sono segreti. Tra l’altro, esso assicurerebbe alle navi da guerra cinesi il diritto di effettuare scali e operazioni di rifornimento nei porti dell’arcipelago.

Il premier delle Salomone, Manasseh Sogavare, ha detto più volte che l’intesa non prevede la concessione alla Cina di una base navale nel suo Paese. Australiani, neozelandesi e statunitensi  hanno espresso preoccupazione per la decisione di Honiara, sottolineando che essa avrà ricadute sulla sicurezza regionale.

Washington e suoi alleati temono che Pechino riesca a stabilire postazioni militari nel Pacifico del sud come ha fatto nel Mar Cinese meridionale. In una ottica di contenimento della Cina, ciò rappresenterebbe una diretta minaccia ai collegamenti navali della Marina Usa tra le Hawaii e il Pacifico occidentale.

Pochi giorni dopo la formalizzazione dell’accordo tra Cina e Salomone, le altre nazioni insulari del Pacifico meridionale hanno respinto  l’offerta cinese di un grande patto regionale su commercio e sicurezza.

Il Lowy Institute nota che Pechino si è adoperata per accrescere la sua influenza nella regione mentre il suo impegno finanziario per i Paesi interessati è diminuito. Se nel 2008 i prestiti e gli aiuti cinesi alle nazioni del sud Pacifico ammontavano a 204 milioni di dollari, arrivando poi a 334 milioni nel 2016, nel 2020 sono scesi a 188 milioni.

Per controbilanciare l’avanzata cinese nell’area, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Gran Bretagna sono tornati invece a rafforzare la loro presenza e il loro sostegno finanziario.

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