Sri Lanka: il governo espropria le terre di piccoli agricoltori per darle al business privato e straniero
Secondo il piano di bilancio per il 2017, verrebbero espropriati circa 20mila acri (pari a 80,9 milioni di mq). Alcuni terreni sono già stati assegnati a compagnie private, che li hanno recintati e posti sotto controllo. Migliaia di persone sono state sfollate e cercano lavoro altrove. Il rischio è “la destabilizzazione del Paese e la rivolta”.
Colombo (AsiaNews) – Il governo dello Sri Lanka sta espropriando i terreni di proprietà di piccoli agricoltori e pescatori per consegnarli al grande business privato e straniero. È la denuncia della Peoples’ Alliance For Right to Land (Parl) che contesta le previsioni economiche contenute nel budget per il 2017. Secondo gli attivisti, il piano di sviluppo “è un semaforo rosso per il futuro della proprietà terriera e l’uso dei terreni in Sri Lanka. Noi sosteniamo iniziative a favore dello sviluppo dei poveri, piuttosto che agende economiche neo-liberali che avvantaggiano i grandi investitori”.
Gli attivisti affermano “la necessità di rafforzare la sovranità alimentare delle comunità urbane e rurali e sostenere il diritto alla terra e alle risorse naturali dei piccoli produttori”. In base al piano presentato da Colombo, tutti i terreni del Paese saranno posti sotto il controllo di un’unica autorità. Per gli attivisti, questo significa “consegnare grandi porzioni di terre alle corporazioni per progetti non sostenibili su larga scala”.
Nel dettaglio, i terreni che verrebbero confiscati si estendono su un’area di 20mila acri [pari a 80,9 milioni di mq – ndr], soprattutto nei distretti di Monaragala, Batticoloa, Kilinochchi e Ampara. Il progetto delle autorità è cederli a imprenditori stranieri e privati per la coltivazione intensiva della canna da zucchero.
In alcuni casi le terre sono state già assegnate. È quanto è avvenuto a Siyambalanduwa, nel distretto di Monaragala, dove il Wattegama Rajamaha Viharaya ha ceduto 2mila acri di terra del tempio all’azienda privata “Athimale Plantation Company”. In precedenza quel suolo era coltivato da 450 famiglie, che hanno perso il lavoro autonomo e ora si ritrovano a essere impiegati alla giornata nei villaggi vicini. L’accesso alla zona è vietato e il perimetro è protetto da una recinzione elettrica.
Nell’area naturalistica di Kaludiya Ella circa 1850 acri di terre e foreste sono stati dati ad una compagnia coreana per la coltura intensiva di alberi da frutta. Le 370 famiglie di contadini sono state evacuate e la zona è sorvegliata dalla polizia.
Altri 3mila acri tra Mullikulam, Malayakadu e Marichchikatti (nella divisione di Musali) sono stati espropriati nell’entroterra e nelle aree costiere. Qui vivevano 265 famiglie, dedite alla coltivazione di riso e alla pesca.
Il piano energetico sul fiume Uma Oya [che consiste nella costruzione di due dighe e una serie di tunnel e gallerie per la produzione di energia elettrica – ndr] ha costretto all’esodo 2700 persone e causato seri danni alla stabilità strutturale di case ed edifici.
Gli attivisti della Parl lamentano che già in passato il governo dell’isola ha affidato la gestione dei terreni a compagnie private. “Nel 1978 – ricordano – è stato approvato un piano simile, che poi si è rivelato un vero fallimento nella crisi alimentare mondiale del 2008”. Inoltre “la perdita delle terre può portare al sorgere di conflitti e crisi nei settori agricolo e politico”. Ignorare il diritto alla terra delle comunità rurali, del popolo agricolo e dei pescatori, avvertono in conclusione, “rischia di destabilizzare la sovranità alimentare nel Paese, aumentando il livello di disoccupazione e la rivolta politica”.
27/08/2020 10:24