Sri Lanka, condanna a morte "premeditata" contro cinque pescatori indiani
Mumbai (AsiaNews) - Una sentenza di morte "premeditata": così p. Santhanam sj, gesuita e avvocato del tribunale di Madurai, commenta ad AsiaNews il verdetto di un tribunale dello Sri Lanka, che ieri ha inflitto la pena capitale a cinque pescatori indiani. Gli imputati, cristiani originari dello Stato meridionale indiano del Tamil Nadu, erano stati arrestati per traffico di droga nel 2011 dalla Marina srilankese. I giudici hanno concesso loro fino alla fine di novembre 2014 per fare appello alla Corte suprema del Paese.
Secondo il gesuita indiano, che fornisce assistenza legale a poveri, emarginati e dalit, la sentenza "è frutto della continua disputa tra India e Sri Lanka" sullo sconfinamento dei pescatori nelle "reciproche acque territoriali". Questi uomini, aggiunge p. Santhanam, "hanno detto di essere usciti per andare a pesca e di aver ancorato la loro barca vicino a Neduntheevu per risolvere problemi tecnici. Non c'è dubbio che il traffico di droga sia un grave crimine, ma non è questo il caso".
"L'uccisione di pescatori indiani - sottolinea l'avvocato - da parte della Marina dello Sri Lanka ha sempre attratto critiche. Ora a uccidere è un verdetto della corte, un omicidio giudiziario".
Per il sacerdote "la pena di morte sarà sempre una barbarie feroce e primitiva. Di recente papa Francesco ha invitato all'abolizione della pena capitale e perfino dell'ergastolo. La sua visita nell'isola è molto attesa, ma questo verdetto contraddice lo spirito delle parole della Santa Sede".
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