Sr Alfonsa, la santa indiana esempio di carità cristiana
New Delhi (AsiaNews) – “Di lei ricorderò sempre il viso sorridente, anche se tutti noi studenti sapevamo quanto soffrisse per la sua malattia. Ma era sempre serena”. È il ricordo personale di p. Francis Vadakel, oggi 72enne, della beata Alfonsa dell’Immacolata concezione che domani, 12 ottobre, Papa Benedetto XVI proclamerà santa in piazza San Pietro.
“Era una fonte di consolazione per noi studenti – continua p. Francis – e lo è ancora oggi per tutti i ragazzi che devono affrontare le sessioni di esami: sapeva restare loro vicina e aiutarli a vincere ansie e paure”. In lei c’era qualcosa che “la rendeva diversa dagli altri” e le si poteva leggere “la grazia sul volto”. Il luogo dove è stata sepolta – la chiesa della Beata Alfonsa a Bharanganam, nel distretto di Kottayam – è ancora oggi “meta di pellegrinaggi e di persone che vengono sulla sua tomba a pregare e a depositare fiori”. “Non solo fra i cristiani – aggiunge il religioso – ma anche musulmani e induisti, affascinati dalla purezza della sua breve vita, segnata dal dolore fisico, e dal suo potere guaritore”.
Il nome di battesimo della beata è Anna Muttathupadam; nacque il 19 agosto del 1919 a Kudamaloor, nel Kerala, e a 17 anni si unì alla Congregazione dell’immacolata concezione. Nel 1936 prese i voti perpetui nel monastero delle Clarisse malabariche di Bharananganam, con compiti di insegnamento che dovette presto lasciare per motivi di salute. Sopportò con forza d’animo la malattia fino alla morte, avvenuta il 28 luglio del 1946 a soli 36 anni. Il vescovo di Palai nel 1955 iniziò il processo diocesano di beatificazione, il 9 novembre 1984 venne dichiarata venerabile e l’8 febbraio 1986 papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata a Kottayam, in India, insieme all’altro beato indiano Kuriakose Elias Chavara.
“La canonizzazione della beata Alfonsa è un grande momento nella storia della Chiesa indiana”, sottolinea il card Varkey Vithayathil, presidente della Conferenza episcopale indiana “perché Dio ha innalzato agli onori degli altari una persona che ha sempre testimoniato, attraverso la sua malattia e l’apparente debolezza, una forte compassione verso le persone deboli e bisognose di aiuto. È un grande esempio di comunione con Cristo attraverso la sofferenza personale”.
Il cardinale paragona la vita della beata all’esperienza di Santa Teresa di Lisieux, in cui la brevità della vita contrassegnata dalla “sofferenza fisica” viene esaltata dalla “dimensione salvifica” che è presente nella fede in Cristo, in un momento particolare della Chiesa indiana segnato dal martirio e dalla violenza contro i cristiani in molte zone del Paese.
“Viviamo in un presente – continua il presidente dei vescovi indiani – che nega le sofferenze e il dolore della croce. In cui viene messa in discussione la sacralità della vita e il diritto all’esistenza di malati e portatori di handicap, in cui è lecito uccidere un feto solo perché non corrisponde agli ideali di normalità che il mondo d’oggi ci propina. Anche l’eutanasia è un sintomo dell’incapacità dell’uomo moderno di accettare il valore del dolore fisico”.
La vita della beata Alfonsa assume un valore ancora più forte in India, società in cui ancora oggi vige una rigida separazione fra le caste e gli ultimi sono tenuti ai margini della società. “La canonizzazione di sr. Alfonsa – conclude il card Vithayathil – deve farci riflettere sui veri valori della vita. Potere, gloria e ricchezza finiscono con la morte, mentre la comunione con Cristo produce frutti per l’eternità”.