Siria: Raid aerei colpiscono convoglio dello Stato islamico, almeno 40 terroristi morti
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - È di almeno 40 terroristi dello Stato islamico uccisi il bilancio aggiornato dei raid aerei effettuati in questi giorni in Siria. Secondo quanto riferiscono fonti locali dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, gruppo con base a Londra e informatori sul terreno, i caccia avrebbero colpito nella notte fra il 17 e il 18 ottobre un convoglio di 16 veicoli che viaggiava nella provincia orientale della provincia di Hama. A sferrare l’attacco sarebbero stati caccia russi o siriani, raccontano i testimoni che escludono al contempo una presenza nel raid di velivoli statunitensi e della coalizione.
Rami Abdel Rahman, capo dell’Osservatorio, riferisce all’Afp che sul terreno sono rimasti “i corpi carbonizzati di decine di combattenti”. Il convoglio dei miliziani era partito da Raqqa, la cosiddetta capitale del “Califfato” in Siria, e attraversava la provincia di Hama al momento dell’attacco.
Dalla fine di settembre anche la Russia ha lanciato raid aerei contro obiettivi dello Stato islamico in Siria; obiettivo dei bombardamenti i combattenti jihadisti e gli altri gruppi di miliziani che si oppongono al regime del presidente siriano Bashar al-Assad, alleato di Mosca.
L’iniziativa di Mosca è indipendente rispetto alla campagna lanciata lo scorso anno dagli Stati Uniti e gli alleati che, finora, si è rivelata inefficace nella lotta allo SI in Siria e in Iraq, dove i miliziani controllano quasi la metà del territorio sebbene si tratti in maggioranza di aree desertiche. Due i centri principali nelle mani dei jihadisti: Raqqa e Mosul (nel nord dell’Iraq). “I caccia non appartengono alla coalizione guidata da Washington” ha confermato Rami Abdel Rahman.
Dal marzo 2011, data di inizio degli scontri fra il governo Assad e una multiforme coalizione di oppositori, sono decedute circa 250mila persone. Gli sfollati, secondo i dati delle Nazioni Unite, sono oltre 11 milioni. Almeno 4 milioni hanno scelto le nazioni confinanti – Turchia, Libano, Giordania e Iraq – mentre altri 150mila hanno chiesto asilo all’Unione Europea. Gli altri 6,5 milioni sono sfollati interni, persone che hanno abbandonato tutto ma hanno scelto di rimanere nel Paese.