Siria e Yemen: l’esercito attacca i dimostranti, decine di morti e di feriti
Sanaa (AsiaNews/Agenzie) – Nello Yemen ieri notte l’esercito ha attaccato le migliaia di persone che da 4 mesi occupavano in modo pacifico Piazza della Libertà (nella foto) nella meridionale Taiz, chiedendo le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh. Intanto in Siria sono compiute vere azioni militari contro la popolazione.
A Taiz i dimostranti dicono che l’esercito si è aperto la strada con bulldozer, ha attaccato con fucili, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua e ha incendiato alcune tende, sono stati uccisi almeno 20 dimostranti e feriti 150. La folla ha risposto con lancio di pietre e bombe molotov. Le agenzie riportano la dichiarazione di Sadek al-Shugaa, responsabile di un ospedale da campo, secondo cui i soldati hanno sparato sulla folla in modo indiscriminato.
In precedenza oltre 3mila persone avevano protestato avanti al palazzo del governo, sempre vicino Piazza della Libertà a Taiz, per chiedere la liberazione di 6 dimostranti arrestati il 26 maggio. Secondo al Jazeera, alcuni soldati si erano uniti ai dimostranti.
Da gennaio la popolazione protesta contro il governo, appoggiata anche da alcuni influenti capi tribù, ma il presidente Saleh non ha fatto concessioni e ha rifiutato di firmare un accordo, ottenuto con la mediazione degli Stati del Golfo Arabo, per la transizione alla democrazia. Il timore è che il prolungato confronto favorisca la penetrazione del terrorismo islamico. Fonti dell’esercito denunciano che oggi 4 soldati sono stati uccisi e decine feriti vicino la citta di Zinjibar, per un attacco di militanti di al-Qaeda. Pare che la città dal 27 maggio sia sotto il controllo di oltre 300 ribelli armati, forse di al-Qaeda.
Nel Paese la tensione cresce, la settimana scorsa ci sono stati violenti scontri tra l’esercito e milizie tribali Hashed che sostengono l’opposizione.
Intanto ieri mattina in Siria l’esercito ha circondato e attaccato le città di Rastan e Talbisa con decine di carri armati ed elicotteri. A Talbisa il 27 maggio c’è stata una grande manifestazione contro il governo. Le truppe hanno poi iniziato una caccia all’uomo casa per casa, per arrestare gli oppositori al governo dl presidente Bashar al-Assad. I dimostranti dicono che l’esercito ha prima tagliato acqua, elettricità e comunicazioni nelle città e denunciano almeno 7 civili morti (11 secondo altre fonti) e oltre 100 feriti, mentre l’esercito parla di un’operazione contro “gruppi terroristi armati”. Ma è difficile avere notizie obiettive, dopo che le autorità hanno cacciato i giornalisti esteri. Le due città sono state scena di forti proteste sin da marzo con la richiesta dapprima di riforme democratiche, che si è evoluta nella domanda delle dimissioni di Bashar, proseguite nonostante la dura repressione delle forze armate, si parla di oltre 1000 morti e 10mila arresti. Le autorità parlano di 143 soldati uccisi da ribelli armati.
In entrambi i Paesi la situazione appare fuori dal controllo del governo, che cerca di riprenderla in mano con progressive violenze. Ma questo sta portando a un’escalation degli scontri armati, con la popolazione e i gruppi tribali che si armano, con un crescente rischio che scoppi una vera guerra civile. Domani ad Antalya in Turchia inizia una conferenza di 3 giorni dei gruppi di opposizione siriani.