Siria, razzi contro due impianti di gas naturale. Alta tensione fra Damasco e Ankara
Nel mirino due centrali a Homs e a sud-ovest di Aleppo. Ignoti gli autori dell’attacco e la portata dei danni. Le strutture vengono utilizzate per fornire combustibile a tutto il territorio nazionale. Ieri pesanti scontri, con vittime, fra l’esercito siriano e quello turco a Idlib. Ankara avverte Mosca: non intromettetevi.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Alcuni razzi hanno colpito nella prima mattinata di oggi due impianti di gas naturale, nell’area di Homs e a Ebla, circa 60 km a sud-ovest di Aleppo. Lo riferisce la tv di Stato siriana, secondo cui i vigili del fuoco sono impegnati da diverse ore per spegnere le fiamme nel primo dei due impianti; migliore la situazione nel secondo, dove non si sarebbero registrati danni sostanziali.
Al momento non si hanno informazioni sull’origine dei colpi di mortaio e chi sia stato a sferrare l’attacco. Massimo riserbo da parte dei vertici di Damasco anche sulla portata dei danni alle strutture ed eventuali interruzioni nella produzione.
L’impianto di gas di Ebla rifornisce le centrali elettriche locali con circa 2,5 milioni di metri cubi di gas al giorno. Entrambe le strutture vengono utilizzate per fornire combustibile a livello nazionale.
Ieri, intanto, nella regione contesa di Idlib, ultima roccaforte ribelle nel Paese, si sono consumati pesanti scontri fra l’esercito siriano, che avanza verso la città, e i militari turchi, che sostengono l’opposizione anti-Assad (e le milizie jihadiste). Dal 12 gennaio nell'area è in vigore un (fragile) cessate il fuoco pattuito tra Turchia e Russia, alleata del governo di Bashar al-Assad.
Il ministero della Difesa di Ankara parla di almeno sei morti, di cui cinque militari e un civile, colpiti dai mortai lanciati dall’esercito siriano. Non si è fatta attendere la replica dell’esercito turco, che avrebbe “neutralizzato” 76 elementi fra le truppe siriane. Notizia smentita da Damasco, secondo cui non vi sarebbero vittime, né feriti.
Fonti dell’agenzia turca Anadolu parlano di almeno 1300 morti fra i civili nell’area dal settembre 2018, quando Mosca e Ankara hanno raggiunto un accordo per la formazione di una “zona demilitarizzata”. A questo si aggiungono le centinaia di migliaia di persone in fuga dall’offensiva dell’esercito siriano o dalle violenze perpetrate dai gruppi jihadisti.
Gli scontri di ieri fra turchi e siriani rischia di mettere in crisi anche il dialogo in corso fra Mosca e Ankara con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ieri ha intimato alla controparte russa di non intromettersi negli scontri fra le parti. Il leader turco ha chiesto al Cremlino di “assumere i propri obblighi” nella provincia di Idlib e di “non intromettersi” negli scontri con la Siria. “Ci aspettiamo che la Russia - ha sottolineato Omer Celik, portavoce del Partito giustizia e sviluppo (Akp) - non copra il regime o lo protegga dopo questo chiaro attacco alle nostre forze armate”.