Sipri: nel 2022 affari record per il clan Erdogan con la vendita di armi
Calano i ricavi globali nel 2022 nel settore degli armamenti. L’inversione di tendenza non è legata al calo della domanda ma alla difficoltà nel reperimento dei materiali. Il Medio oriente unica regione a registrare una crescita, trainata dalla Turchia e da Israele. Baykar, azienda legata al leader turco, segna il dato percentuale maggiore di crescita al mondo, con un +94% sul 2021.
Milano (AsiaNews) - I ricavi dei principali fornitori di armi nel mondo sono calati nel 2022, segnando una inversione di tendenza che non è legata alla domanda, sempre più elevata, ma a difficoltà di reperimento dei materiali per la produzione, in particolare nei settori con tecnologia più avanzata. Tuttavia, a fronte di un calo globale nei fatturati la regione mediorientale sembra andare in controtendenza segnando un valore positivo. Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto, pubblicato ieri, dal Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) e relativo all’Arms Transfers Database, dal quale emerge pure un altro dato di interesse: l’azienda al mondo che ha visto aumentare in maniera più marcata i ricavi percentuali è la turca Baykar, il cui presidente Selçuk Bayraktar è il genero di Recep Tayyip Erdogan. Ed è proprio Ankara, nella regione, a trainare i fatturati nella vendita di armamenti, con un mercato che resta florido grazie al conflitto in Ucraina, agli ordini di Qatar, Emirati Arabi Uniti e Oman e, nell’ultimo periodo, con le forniture all’Azerbaijan nella guerra contro Erevan per il controllo del Nagorno-Karabakh.
Medio oriente e armi
Da quanto emerge nel rapporto Sipri, la vendita di armi e servizi militari da parte delle 100 maggiori aziende produttrici al mondo raggiungeranno i 549 miliardi di euro nel 2022, con un calo del 3,5% rispetto al 2021. Di contro, tensioni geopolitiche e invasione russa dell’Ucraina hanno alimentato una domanda globale che gli ultimi focolai di conflitto, da Gaza al Myanmar, contribuiranno a trainare. In questo contesto, ha spiegato l’esperto Sipri Diego Lopes da Silva all’Afp, il calo delle entrate è “inaspettato”. Ma esso mostra, in realtà, il “divario tra uno shock alla domanda come (quello causato dalla) guerra in Ucraina e la capacità delle aziende di aumentare la produzione per farvi fronte”.
Secondo l’istituto di ricerca svedese questa situazione si spiega in gran parte col calo dei ricavi dei principali produttori di armi negli Stati Uniti, che più di altri hanno dovuto affrontare “problemi nella catena di approvvigionamento e carenze di manodopera” a causa del Covid-19. A fronte di un calo globale, il Medio oriente ha registrato il più consistente aumento percentuale nel 2022e tutte e sette le aziende con sede nella regione presenti nella Top 100 segnano crescite consistenti e introiti record. A partire da quelle turche e israeliane: le loro entrate combinate raggiungono un volume complessivo di poco superiore ai 16,5 miliardi di euro, con un aumento dell’11% su base annua. “Le aziende mediorientali specializzate in prodotti meno sofisticati sul piano tecnologico - ha sottolineato da Silva - sono state in grado di accrescere la produzione più velocemente”.
Israele e Turchia leader del settore
Per il futuro, l’esperto Sipri non vede alcun segno di rallentamento con un “portafoglio ordini” delle aziende in “notevole aumento”. I ricavi totali delle quattro società turche hanno superato i 5 miliardi di euro, il 22% in più rispetto al 2021. Le entrate aggregate per armi delle tre società israeliane hanno raggiunto 11,4 miliardi di euro circa, con un aumento del 6,5% rispetto al 2021. Elbit Systems (24° posto) è cresciuta del 4%, piazzandosi attorno ai 4,6 miliardi di euro. Questo risultato è dovuto al picco delle vendite di sistemi di artiglieria ai Paesi europei, in parte innescato e alimentato dalla guerra in Ucraina. Con un aumento annuale del 5,5%, le entrate di Israel Aerospace Industries (35° posto) hanno raggiunto i 3,8 miliardi di euro nel 2022, raggiungendo il livello più alto nella storia. Anche il portafoglio ordini è cresciuto in modo sostanziale, raggiungendo un valore di 14,4 miliardi. L’aumento del 12% del fatturato di Rafael (42° posto con 3,14 miliardi di euro) è stato il maggiore tra le aziende israeliane della Top 100 e può essere collegato anch’esso alla guerra in Ucraina. Rafael possiede uno stabilimento in Germania che produce lanciamissili anticarro, forniti a Kiev da Germania e Olanda nella lotta contro Mosca. Con un fatturato complessivo di poco superiore ai 5 miliardi di euro, nella Top 100 del 2022 figurano quattro aziende con sede in Turchia, due in più rispetto al 2021: Baykar (76°) e Roketsan (100°) entrate per la prima volta in classifica.
Il “caso” Baykar
Lo studio Sipri mostra l’escalation della turca Baykar, legata alla famiglia del presidente Erdogan, che ha fatto registrare la crescita percentuale maggiore con un +94%. Un risultato legato al picco nelle vendite di UAV Bayraktar TB-2, droni di attacco e sorveglianza a lunga autonomia e medie altitudini ampiamente utilizzati da Kiev durante la guerra. Ucraina ma non solo: uno dei più importanti acquirenti dell’industria bellica turca è Baku che ha beneficiato dei droni del “sultano” - e del sostegno israeliano - per piegare la resistenza di Erevan e cacciare gli armeni dal territorio conteso del Nagorno-Karabakh. In questi giorni il leader turco è intervenuto sul conflitto in atto nella Striscia parlando ad un incontro a Istanbul dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic), chiedendo di processare il premier israeliano Benjamin Netanyahu come “criminale di guerra”. Erdogan ha attaccato quanti usano “la scusa di Hamas” [che Ankara, nazione Nato, non considera organizzazione terrorista] per vendicarsi uccidendo “persone innocenti” nella Striscia.
Tuttavia, in questi anni è stato proprio il leader turco a spingere sull’acceleratore invocando investimenti e risorse negli armamenti, allargando il portafoglio clienti che oggi non comprende solo i partner del Golfo, dal Qatar agli Emirati, ma abbraccia anche diversi Stati africani oltre al già citato Azerbaijan, via Israele. Oltretutto è proprio una azienda legata al presidente, la già citata Bayraktar, che ha registrato aumenti record nel fatturato, mostrando anche qui tutta l’ambivalenza della Turchia e del suo leader. Erdogan, infatti, lo scorso anno aveva annunciato con orgoglio la cifra record di oltre 4 miliardi di euro nell’export di armi, diventando l’11mo più importante Paese al mondo per vendite. A guidare questa crescita sono proprio gli obiettivi fissati dal presidente nel 2015 in una prospettiva interna e nazionalista, per ripristinare lo status di Ankara quale grande potenza e diminuire la dipendenza dall’estero entro il 2023. Una politica che ha favorito le casse, e le tasche, dell’impresa guidata dal genero Selçuk Bayraktar che ha beneficiato - e continua a farlo - della “guerra di logoramento” in atto in Ucraina.
I droni sviluppati da Baykar sono esportati in almeno 30 Paesi e utilizzati anche nel conflitto libico, oltre alla già citata Kiev e a Baku. In molti sostengono che l’azienda debba il successo proprio a Erdogan, che la promuove personalmente durante le visite all’estero. L’ultimo esempio nel luglio scorso, quando la Baykar ha firmato un accordo di cooperazione con il ministero della Difesa dell’Arabia Saudita per il veicolo aereo da combattimento senza pilota (Ucav) Bayraktar Akıncı. La firma è arrivata durante la visita del “sultano” in terra saudita. I dettagli sono top secret, ma si parla di quasi tre miliardi di euro, per la gioia del genero e Ceo che, in un messaggio sui social, l’ha definito “il più grande contratto di esportazione nel settore della difesa e dell’aero-spazio nella storia della Repubblica turca”. La famiglia ringrazia.
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