Sipri: Pechino aggiunge altre 30 testate nucleari al suo arsenale
È lo stesso aumento registrato tra il 2019 e il 2020. Cala nel mondo il numero degli ordigni atomici. Riduzioni di Usa e Russia in base al trattato New Start. Accademico russo: i cinesi arresteranno l’espansione solo se Washington e Mosca accettano la parità nucleare.
Roma (AsiaNews) – La Cina ha 350 testate nucleari nel proprio arsenale, 30 in più dello scorso anno. Lo ha rivelato oggi lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri). I numeri presentati dell’organizzazione svedese confermano il ritmo di crescita cinese: tra il 2019 e il 2020 Pechino era passata da 290 a 320 ordigni atomici.
Il nuovo aumento registrato dal gigante asiatico arriva mentre il totale delle armi nucleari è sceso da 13.400 a 13.080 negli ultimi 12 mesi. Oltre alla Cina, hanno accresciuto i propri depositi atomici la Gran Bretagna (+10 ordigni), l’India (+6), il Pakistan (+5) e la Corea del Nord. La dotazione di Pyongyang si stima si aggiri tra le 40 e le 50 testate, rispetto alle 30-40 del 2020.
Il calo nel numero dei dispositivi nucleari è dovuto alle riduzioni effettuate da Stati Uniti e Russia in base al trattato New Start, rinnovato per cinque anni in febbraio. Washington e Mosca hanno accresciuto però il numero delle testate schierate, che comprese quelle francesi e britanniche sono passate dalle 3.720 del 2020 alle 3.825 di quest’anno.
Secondo diversi osservatori, il New Start crea una certa asimmetria negli sforzi di non-proliferazione. Per rinnovare l’accordo, l’ex presidente Usa Donald Trump pretendeva l’adesione di Pechino. La Cina si rifiuta di aderirvi, a meno che Mosca e Washington non accettino la parità nucleare.
Alexander Savelyev, capo ricercatore all’Istituto Primakov di economia mondiale e relazioni internazionali con sede a Mosca, non vede seri problemi nello sviluppo nucleare cinese. “Da anni – sottolinea l’accademico ad AsiaNews – la Cina dice di essere pronta a unirsi al sistema di controllo delle armi nucleari, a patto che il suo arsenale sia uguale a quello di Russia e Stati Uniti”.
Secondo i termini del New Start, Washington e Mosca possono detenere 1.550 ordigni nucleari strategici ciascuna (un bombardiere a lungo raggio vale una testata). I numeri salgono però in modo sensibile se si conteggiano anche le armi atomiche tattiche.
Intervenendo alla Conferenza Onu sul disarmo, l’11 giugno il ministro cinese degli Esteri Wang Yi ha chiesto a Stati Uniti e Russia di ridurre in modo ulteriore le loro forze nucleari.
Savelyev, che dal 1989 al 1991 ha partecipato come consigliere ai negoziati Start-1 tra Usa e Unione Sovietica, si domanda se Washington e il Cremlino siano pronti a trattare la Cina come un partner dello stesso livello: “Se la risposta è si, allora i tre Paesi devono essere uguali nel vero senso del termine”.
Per superare lo stallo, il ricercatore russo propone che Russia e Stati Uniti negozino un nuovo accordo per ulteriori, profonde riduzioni delle loro armi nucleari, sia strategiche sia tattiche. In concomitanza con i negoziati, Mosca e Washington dovrebbero chiedere a Pechino di non incrementare il suo arsenale atomico oltre le 400 testate, un impegno che avrebbe base volontaria.
Il 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari, ma la mancata adesione di tutti i Paesi dotati di armamenti nucleari lo rende nei fatti inutile. Secondo Savelyev è importante che russi e statunitensi “non usino l’ampliamento delle forze nucleari cinesi come una scusa per arrestare il processo di disarmo nucleare”.
04/02/2021 12:16