Sichuan, liberato musicista tibetano: era in carcere per aver scritto canzoni patriottiche
Chengdu (AsiaNews) – Le autorità cinesi della provincia del Sichuan hanno scarcerato venerdì scorso un musicista tibetano, ex monaco, dopo 11 mesi di detenzione. Non sono note le ragioni della liberazione. Pema Rigdzin, 46 anni, era stato condannato a due anni di prigione a fine 2014 per aver prodotto canzoni patriottiche tibetane, bandite da Pechino.
La scarcerazione è avvenuta a Chengdu, capitale del Sichuan. Pema Rigdzin ha fatto subito ritorno a casa propria nella prefettura autonoma tibetana di Ngaba, ed è stato accolto da una folla di persone. Sonam, un tibetano residente in Europa, ha detto a Radio Free Asia che il musicista “è stato accolto da parenti e amici. Una festa di bentornato è stata organizzata nel salone locale e vi hanno partecipato diversi cantanti tibetani”.
Pema Rigdzin è stato arrestato per la prima volta il 6 maggio 2013 e sottoposto ad interrogatori per più di un anno. Il 26 novembre 2014 la Corte del popolo di Chengdu lo ha condannato a due anni e sei mesi di detenzione e al pagamento di 50mila yuan (8.130 dollari) per aver prodotto Dvd “politicamente sensibili”.
Rigdzin è entrato giovane nel monastero di Namtso a Ngaba, ma dopo poco tempo è tornato laico. Alcune delle canzoni da lui scritte sono state bandite da Pechino, come “In memoria del Tibet” e “Lacrime”. Dopo aver smesso di cantare nel 2008, l’uomo ha iniziato a produrre film e canzoni a Chengdu. È stato condannato lo stesso giorno di Kalsang Yarphel, famoso cantante tibetano che ha ricevuto quattro anni per aver organizzato concerti nell’area di Lhasa (chiamati Khawai Metok) e per aver cantato canzoni a tema politico.
Secondo The Dharamsala, centro tibetano per i diritti umani con sede in India, le autorità cinesi hanno vietato la vendita dei Dvd con le registrazioni dei concerti Khawai Metok, ma molte copie sono già state distribuite nelle provincie del Qinghai, Gnasu, Sichuan e Yunnan.
A partire dalle violente proteste tibetane del 2008, Pechino continua ad arrestare in modo periodico scrittori, artisti, cantanti ed insegnanti che rivendicano l’identità, il linguaggio e la cultura tibetane.
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