Sichuan, il governo chiude una rete di centri buddisti tibetani
Per Pechino, le attività svolte all’interno del Bodhi Institute of Compassion and Wisdom sarebbero “illegali”. Per la diaspora tibetana, l’obiettivo è ridurre l’influenza religiosa e morale del monaco fondatore, discepolo dell’accademia di Larung Gar.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo di Pechino ha chiuso una rete di centri buddisti tibetani nel Sichuan. Lo denuncia il direttore dei centri, Khenpo Sodargye, fondatore del Bodhi Institute of Compassion and Wisdom, con varie sedi nella provincia cinese. Secondo le autorità, all’interno dei centri verrebbero svolte “attività illegali”. Per l’Ong International Campaign for Tibet (Ict), che riporta la notizia, l’obiettivo invece sarebbe “limitare l’influenza religiosa e morale” del monaco, discepolo del famoso centro di studi tibetano Larung Gar, finito sotto la scure di Pechino da diversi anni.
Il fondatore dell’Istituto dichiara che tutti i centri di preghiera sono chiusi dal 30 dicembre. Nell’intervista resa ieri a Ict, associazione con sede a Washington che difende la causa tibetana, egli sottolinea che “continuerà ad amare la nazione così come la religione”. Poi invita a ignorare le richiese di raccolta fondi fatte a nome dell’Istituto.
La rete di Sodargye è affiliata al centro di Larung Gar (a Garze, Sichuan occidentale). Si tratta di una delle più importanti accademie buddiste sorta negli anni ’80 grazie all’impegno del monaco Jigme Phuntsok, che ha attirato attorno a sé decine di migliaia di fedeli e di monaci per approfondire la loro fede e lo studio dei testi sacri del buddismo tibetano.
Dal 2004, anno della morte del fondatore, il centro è stato retto da un gruppo di monaci autorevoli, scelti in modo democratico. In seguito, dal 2017, la prefettura del Sichuan ha affidato la gestione a sei tibetani, tutti membri del Partito comunista cinese. Nel mirino delle autorità è finita anche la collina su cui sorge l’accademia: nel 2016 è stata ordinata una ristrutturazione urbanistica, che di fatto ha distrutto molte abitazioni e cacciato via la maggior parte dei residenti.
Secondo Radio Free Asia, tra il 2017 e il 2018 le autorità cinesi hanno allontanato almeno 4.820 monaci e monache, obbligandoli a ritornare ai loro Paesi d’origine, privandoli della possibilità di approfondire la loro religione. Inoltre dal 2001 hanno distrutto circa 7mila residenze monastiche. Secondo Ict, le espulsioni e le demolizioni a Larung Gar e a Yachen Gar, un altro centro buddista nel Sichuan, fanno parte di “una strategia politica in fase di svolgimento”, dettata al controllo dell’influenza e della crescita di “questi importanti centri di studio e pratica del buddismo tibetano”.
28/08/2017 14:52