17/08/2020, 10.20
CINA
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Siccità, inondazioni e Covid-19: a rischio produzione agricola e cibo per i cinesi

Minacciati i piani governativi di autosufficienza alimentare. Echi di Mao Zedong: Xi Jinping ordina di non sprecare gli alimenti. Produttori: Le autorità falsificano i dati per rassicurare la popolazione. Con prezzi in aumento e la perdita di potere d’acquisto, le prospettive per le famiglie rimangono incerte.

Pechino (AsiaNews) – Per l’effetto combinato di siccità, inondazioni e Covid-19, gli agricoltori cinesi hanno perso fino a metà del raccolto di cereali. È quanto emerge da un’indagine del South China Morning Post, pubblicata oggi. Il calo della produzione cerealicola rischia di provocare problemi di approvvigionamento alimentare: riso, grano e mais sono fondamentali nella dieta della popolazione. Le perdite mettono inoltre in pericolo i piani governativi per arrivare all’autosufficienza nella produzione alimentare, obiettivo perseguito per fra fronte alla guerra commerciale con gli Stati Uniti e agli ostacoli al commercio internazionale causati dal coronavirus.

I problemi alimentari hanno spinto il presidente Xi Jinping a ordinare alla popolazione di non sprecare cibo. Il suo messaggio, lanciato la scorsa settimana, si è trasformato in una campagna nazionale. I ristoranti servono porzioni più piccole ai clienti; le società di catering e consegna di cibo a domicilio propongono programmi per cambiare le abitudini alimentari dei cinesi. Nel frattempo, la leadership sta valutando provvedimenti per punire lo spreco degli alimenti. Per molti osservatori, l’istruzione di Xi ricorda quella emanata da Mao Zedong nel 1959, all’inizio della “Grande carestia”, quando il leader comunista chiese alla gente di “mangiare meno nel tempo libero”.

La siccità a maggio e ai primi di giugno, e le forti piogge di luglio e agosto, hanno danneggiato la produzione di cereali. Allo stesso tempo, la pandemia di coronavirus ha creato problemi nella distribuzione alimentare in diverse aree del Paese. Ad aggravare la situazione, gli agricoltori stanno mettendo da parte il raccolto perché si aspettano un’ulteriore impennata dei prezzi. 

I dati ufficiali sono contraddittori. Le autorità parlano di una crescita della produzione agricola dello 0,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (dello 0,6% quella delle granaglie). I coltivatori sostengono che i funzionari pubblici falsificano i dati per rassicurare la popolazione. A conferma delle loro obiezioni, dai produttori interni, il governo ha acquistato finora 42,9 milioni di tonnellate di grano per le riserve strategiche: lo scorso anno, di questi tempi, ne aveva comprate 9,4 milioni in più.

Anche le cifre sulle importazioni smentiscono la linea ufficiale. Tra gennaio e luglio, il Paese ha importato 74,5 milioni di tonnellate di cereali, un incremento di quasi il 23% su base annuale. L’aumento è dovuto agli sforzi governativi per rispettare il preaccordo commerciale con gli Usa, ma pure per compensare la caduta dell’offerta interna e il relativo aumento dei prezzi.

L’emergenza meteorologica minaccia di rallentare la ripresa economica post-pandemia. Nonostante le statistiche ufficiali indichino una crescita del Pil del 3,2% nel secondo trimestre dell’anno, dopo il crollo del 6,8% registrato tra gennaio e marzo, la disoccupazione nel Paese rimane alta (5,7%). Ancora più grave è la perdita di potere d’acquisto delle famiglie. Nei primi sei mesi del 2020, il reddito pro-capite dei cinesi è calato dell’1,3%, e la spesa per abitante del 9,3%. Con i prezzi alimentari in aumento, compresi quelli della carne di maiale, le prospettive per buona parte della popolazione rimangono incerte.

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