02/04/2008, 00.00
HONG KONG – CINA
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Si ritira Martin Lee, il “padre della democrazia” di Hong Kong

Alla soglia dei 70 anni, Martin Lee Chu-ming annuncia l’abbandono della vita politica. Fondatore del Partito democratico, bandito dalla Cina per il suo sostegno al movimento di piazza Tiananmen, Lee chiede ai suoi compagni di continuare a lottare per un buon sistema politico. Senza di questo, si può produrre soltanto del male.
Hong Kong (AsiaNews) – La decisione di lasciare la vita politica, annunciata la scorsa settimana dal fondatore del Partito democratico Martin Lee Chu-ming, cattolico, crea un vuoto nelle fila dei combattenti per la democrazia e mette in dubbio l’influenza dei democratici alle prossime elezioni del Consiglio Legislativo, previste per settembre. È l’opinione di un gran numero di politici ed attivisti democratici di Hong Kong, che ricordano l’indefesso impegno ed il grande carisma del “padre della democrazia”.
 
Margaret Nh Ngoi-yee, deputata democratica, scrive: “Non c’è nessuno come Martin Lee. Egli non avrà nessun successore e la lotta per la democrazia, che pure andrà avanti, non sarà più la stessa. La sua intuizione principale, quella di portare la questione di Hong Kong davanti alla comunità internazionale, ha reso impagabile il suo contributo alla nostra causa. Ora più che mai, il Territorio avrebbe bisogno del suo difensore”.
 
La stessa opinione è stata espressa da Sin Chung-kai, vice presidente del Partito, che lamenta “la grave perdita” subita dalla politica del Territorio e si dice “convinto” del perenne appoggio, seppur da una posizione più defilata, “del più noto combattente per la libertà”.
 
Tuttavia, un anonimo editorialista del South China Morning Post esprime dubbi sull’efficacia della lotta politica di Lee, considerato un uomo “gravato da un passato che ora non deve più comprometterci”. Parlando dei rapporti con Pechino, il giornalista scrive: “Oggi abbiamo bisogno di nuovi semi di democrazia, che possano confrontarsi senza vecchi rancori e pregiudizi. Per quanti risultati possa aver ottenuto, servono giovani in grado di portare la torcia della democrazia costruendo nuovi ponti con Pechino”.
 
Dal punto di vista internazionale, Stephen Bradley - console generale inglese - lo definisce “una figura torreggiante nella politica cinese”, mentre Li Gang – vice presidente dell’Ufficio di rappresentanza cinese ad Hong Kong – dice di “non considerare importante il suo ritiro”. Queste reazioni dimostrano la differenza nei rapporti tessuti da Martin Lee nel corso degli anni con le potenze occidentali e con la madre patria.
 
Dopo aver compiuto studi in Inghilterra ed America, Martin Lee torna ad Hong Kong dove si dedica alla professione legale. Nominato Consigliere della Regina nel 1979, diventa presidente dell’Associazione legale di Hong Kong nel 1980. Dal 1985 fa parte della Commissione costituente della Basic Law, la piccola Costituzione del Territorio  stilata in comune accordo fra Londra e Pechino prima del ritorno dell’ex colonia alla Cina. Nel 1989 guida un milione di persone in piazza per protestare contro la repressione del movimento pro-democrazia di piazza Tiananmen, e viene bandito dalla Cina, che prima lo vedeva con simpatia.
 
Fra le sue battaglie più note, l’ininterrotta richiesta del suffragio universale per il Territorio e la costante critica alla mancanza di democrazia nella Cina continentale. Per aver chiesto a Pechino dalle pagine del Washington Post un maggior rispetto dei diritti umani in vista delle Olimpiadi, è stato considerato “un traditore” persino da alcuni suoi compagni di Partito, che hanno chiesto una pubblica manifestazione di patriottismo.
 
Membro del Consiglio legislativo in maniera ininterrotta per 23 anni, ha annunciato il suo ritiro alla soglia dei 70 anni. Parlando ai suoi compagni di Partito, ha detto: “Sono convinto di ciò che diceva Deng Xiaoping: in un sistema cattivo, anche le persone buone compiono il male. Abbiamo bisogno di un buon sistema, e per questo continuerò a lottare fin quando le mie ossa saranno polvere”.
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