Si chiude il Sinodo Siro-malabarese: sostenere i nuovi poveri del Covid-19
Il raduno si è svolto on-line, a causa del protocollo di sicurezza per la pandemia. Vi hanno partecipato 61 vescovi dal mondo intero. Incoraggiare i fedeli “ad incrementare le capacità produttive della nazione, sostenendo le attività agricole e industriali”. Collaborare col governo per sostenere gli indigenti nella società, a qualunque religione o casta appartengano. Dall’inizio della pandemia, la Chiesa siro-malabarese ha offerto 6,2 milioni di euro per i poveri.
Ernakulam (AsiaNews) – Si è conclusa ieri sera la seconda sessione del 28mo Sinodo Siro-malabarese, che ha verificato e dibattuto sull’impegno della Chiesa verso i poveri colpiti dalla pandemia.
La prima sessione del sinodo era stata organizzata dal 7 al 15 gennaio 2020; la seconda dal 19 al 21 agosto. A causa dei protocolli di sicurezza contro l’epidemia, il Sinodo è stato condotto tutto online. Vi hanno partecipato 61 dei 64 vescovi siro-malabaresi nel mondo, da Toronto a Sydney, da Roma alla Gran Bretagna, oltre ai vescovi del Kerala e di altre diocesi indiane.
Nel suo indirizzo inaugurale, l’arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, il card. George Alencherry, ha sottolineato che è ormai tempo di compiere cambiamenti fondamentali alla cura pastorale dei fedeli.
Molti interventi hanno manifestato quanto la Chiesa ha fatto per i fedeli e per la popolazione durante la pandemia. Ma il punto più importante è stato l’affronto delle condizioni socio-economiche della popolazione causate dall’epidemia da coronavirus.
“La Chiesa – ha detto il card. Alencherry – deve avere a cuore lo sviluppo integrale dei fedeli”. Il porporato ha suggerito ai vescovi di preoccuparsi di collaborare col governo - ad esempio nell’ospitalità e nella quarantena per gli espatriati – ma anche di aiutare a garantire la sicurezza economica dei fedeli. “Dobbiamo incoraggiare i nostri fedeli – ha detto - ad incrementare le capacità produttive della nazione, sostenendo le attività agricole e industriali”.
Il tema più urgente è stato quello di come assicurare del cibo a tutti coloro che stanno soffrendo. È necessario – si è detto – che le autorità ecclesiali, le istituzioni e le parrocchie intervengano per sostenere gli indigenti nella società, a qualunque religione o casta appartengano.
Nel Paese, la pandemia ha finora registrato 2.975.701 casi positivi; il bilancio dei morti è di 55.794. Ma vi sono anche pesanti conseguenze economiche: a causa del lockdown, centinaia di milioni di lavoratori migranti interni hanno perso il lavoro, andando ad aumentare il numero dei poveri estremi.
La Chiesa – afferma il Sinodo - riconosce che il governo da solo è impossibilitato a risolvere questi problemi. Per questo la Chiesa siro-malabarese si è offerta di assistere il governo in molti modi.
Dall’inizio della pandemia in India, questa Chiesa ha speso almeno 6,2 milioni di euro a favore dei bisognosi, attraverso il dipartimento del servizio, chiamato “Spandhan”. I vescovi hanno espresso apprezzamento anche per le parrocchie che all’entrata delle chiese espongono per chiunque abbia bisogno, riso e legumi. Tutti i bisognosi sono invitati a prenderne, senza alcun permesso.
Nel comunicato diffuso alla fine del Sinodo, i vescovi invitano i fedeli a imitare Gesù, che si è coinvolto con i poveri, li ha nutriti e ha creato una Chiesa che sta con i poveri, essendo anch’essa una “Chiesa povera”, come sottolinea spesso papa Francesco.
A questo proposito, il card. Alencherry ha ringraziato il pontefice per aver messo a disposizione della comunità siro-malabarese a Roma la chiesa di sant’Anastasia.
Il modo migliore per esprimere la nostra umanità e il nostro amore fraterno – hanno detto i vescovi - è donare cibo agli affamati.