07/01/2025, 13.31
COREA DEL SUD
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Seoul: nuovo mandato di arresto per Yoon in un clima sempre più polarizzato

L'agenzia anticorruzione che porta avanti le indagini sul tentativo di instaurare la legge marziale continua a incontrare le resistenze della polizia e degli avvocati di Yoon che per tre volte ha rifiutato di farsi interrogare. Intanto la commissione parlamentare sull'impeachment (dominata dall'opposizione) vorrebbe accelerare il dibattimento alla Corte costituzionale.

Seoul (AsiaNews/Agenzie) - A più di un mese dall’inizio della crisi politica in Corea del Sud, governo e opposizione non sembrano ancora in grado di superare lo stallo sul destino dell’ex presidente Yoon Suk-yeol, messo in stato di accusa per aver proclamato la legge marziale nella serata del 3 dicembre. Questa mattina Oh Dong-woo, capo dell’Ufficio investigativo sulla corruzione degli alti funzionari (CIO) si è scusato per non aver eseguito il mandato di cattura nei confronti dell’ex presidente, ma ha promesso che verrà fatto un altro tentativo. Le sue dichiarazioni sono state rilasciate davanti alla commissione parlamentare che si sta occupando del procedimento di impeachment, previsto fra una settimana. 

Il 3 gennaio centinaia di funzionari dell’agenzia anticorruzione si erano scontrati con le guardie presidenziali di Yoon, in un confronto durato circa sei ore che ha impedito l’arresto dell’ex capo di governo. Yoon ha finora ignorato le convocazioni a comparire in tribunale per essere interrogato. Dopo il tentativo di cattura, la sua residenza è stata barricata, circondata da filo spinato ed è costantemente presidiata da centinaia di agenti. Gli inquirenti avevano chiesto alla polizia di eseguire il mandato di arresto, gli ufficiali hanno rifiutato di portare a termine l’operazione, affermando che si tratta di una questione controversa dal punto di vista legale. 

L’effettiva cattura di Yoon dipenderà dalle prossime azioni dell’Ufficio investigativo sulla corruzione degli alti funzionari, che sebbene abbia già deciso di emettere un nuovo mandato, non ha comunicato il periodo di validità della misura: la magistratura potrebbe consentire ai funzionari del CIO di trattenere Yoon fino a 20 giorni. Ma, secondo gli osservatori, resterebbe l’ostacolo della sicurezza: il presidente facente funzioni, Choi Sang-mok, non ha ceduto alle pressioni da parte dell’opposizione - che da aprile dello scorso anno controlla l’Assemblea legislativa, il Parlamento sudcoreano - di licenziare i poliziotti e i funzionari governativi che si oppongono all’arresto di Yoon. 

Le resistenze da parte dei membri del People Power Party sono sostenute dagli avvocati dell’ex capo di governo, secondo cui il mandato di detenzione è “illegale”: a loro detta, gli inquirenti non avrebbero l’autorità per gestire un procedimento penale per insurrezione, l’accusa che è stata rivolta all’ex presidente. Allo stesso modo, il capo dello staff che si occupa della sicurezza presidenziale ha dichiarato che Yoon deve rimanere in carica fino a che la Corte costituzionale non si sarà pronunciata sull’impeachment. Il Partito democratico, a capo dell’opposizione, ha accusato i servizi di sicurezza di essersi trasformati nella “milizia privata” di Yoon. 

Per accelerare il procedimento giuridico, oggi la commissione parlamentare che sta seguendo la vicenda ha dichiarato che l’accusa di insurrezione nei confronti di Yoon verrà ritirata dalle motivazioni relative all’impeachment e sarà lasciata da giudicare al diritto penale. Il processo sulle messa in stato di accusa, invece, inizierà il 14 gennaio e si svolgerà anche in assenza del presidente, circostanza che in realtà si è già verificata nel 2004 e nel 2016 con gli impeachment degli ex presidenti Roh Moo-hyun e Park Geun-hye. I giudici della Corte costituzionale avranno un massimo di 180 giorni per decidere se destituire Yoon o ripristinarne i poteri.

Nel frattempo l’opinione pubblica appare sempre più polarizzata: nel fine settimana centinaia di manifestanti hanno sfidato forti nevicate per protestare contro e a favore di Yoon, che nelle scorse settimane ha galvanizzato i propri sostenitori giurando di “combattere fino alla fine”. Ieri i parlamentari del PPP si sono radunati intorno alla residenza dell’ex presidente è la polizia è stata costretta a intervenire bloccando le vie di accesso.

La situazione comincia a preoccupare anche gli alleati della Corea del Sud, in particolare gli Stati Uniti, che hanno finora lavorato per ristabilire le relazioni diplomatiche tra Seoul e Tokyo nel tentativo di contrastare Pechino. Secondo gli esperti, Washington, che presto vedrà il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, non ha intenzione di essere coinvolta in affari di politica interna e mantiene come priorità nella regione il contrasto all’espansione dell’influenza cinese: il segretario di Stato Antony Blinken ha dichiarato di avere “piena fiducia” nelle istituzioni della Corea del Sud e nel popolo coreano nel risolvere la crisi.

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