12/12/2024, 08.42
KAZAKISTAN-COREA DEL SUD
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Seoul in subbuglio vista dai migranti dell'Asia Centrale

di Vladimir Rozanskij

Sul duro scontro innescato dal tentativo del presidente Yoon di proclamare la legge marziale, Radio Azattyk ha raccolto le opinioni dei kazaki che (coi documenti in regola o meno) lacorano nella capitale coreana. Nelle loro voci la speranza che un cambio al vertice del Paese renda più semplice anche per loro la vita nel Paese.

Astana (AsiaNews) - La Corea del sud, che da giorni si trova in una fase piuttosto turbolenta a livello politico e sociale, è una destinazione molto popolare per i migranti dell’Asia centrale, che qui si recano per lavoro e per studio, e molti di loro hanno raccontato a Radio Azattyk come vedono la situazione in evoluzione nel Paese estremo orientale.

La decisione del presidente Yoon Suk-yeol di dichiarare la legge marziale lo scorso 3 dicembre, poi ritirata dopo poche ore per la bocciatura del parlamento, ha portato a una serie di manifestazioni, scioperi e proteste, e all’arresto del ministro della difesa Kim Yong-hyun, che ha tentato di suicidarsi in carcere, mentre lo stesso presidente è a rischio di impeachment per abuso di potere e altre accuse.

Il 33enne Sanat Žusipbek, proveniente dalla regione del Turkestan in Kazakistan, si trova in Corea del Sud dal 2017, vive nella città di Gangneung a qualche ora di viaggio dalla capitale Seoul, dove si reca spesso per esigenze di lavoro. Al momento della proclamazione della legge marziale si trovava in casa, e gli amici da Seoul, che vivono nei quartieri periferici dei migranti, gli hanno raccontato di aver sentito rumori di elicotteri militari sopra le loro teste. Alcuni hanno subito consigliato di tornare in Kazakistan per lo spavento, ma l’ambasciata non ha diramato alcun avviso di pericolo.

Come hanno osservato i kazachi, “i coreani hanno una cultura molto sviluppata nelle manifestazioni pubbliche, radunandosi sulle strade senza disordini o atti di vandalismo, e anche le forze dell’ordine non hanno fatto uso dei manganelli, come di solito avviene da noi”.

Come molti suoi connazionali, Sanat è un lavoratore senza posto fisso, che alle 5 del mattino si mette con i suoi compagni negli angoli delle strade, attendendo di essere chiamato per qualche lavoro pesante, riuscendo a portare a casa in media un centinaio di dollari al giorno, anche se capitano le “giornate vuote” senza lavoro e senza guadagnare un soldo. A questi lavoretti aggiunge qualche ora in fabbrica, sempre in nero, e queste condizioni rendono la vita dei migranti piena di apprensioni, col rischio di essere sottoposti a verifiche o di ammalarsi senza nessun tipo di assistenza medica.

Con i disordini sono aumentati i controlli sui migranti e in generale in tutto il Paese, e anche gli ospiti centrasiatici attendono un cambio alla presidenza, per rendere la vita in Corea del sud più accettabile soprattutto per le condizioni di lavoro. Yoon Suk-yeol è un ex-procuratore, e la sua politica è sempre stata piuttosto punitiva nei confronti dei migranti, che egli stesso definiva “dei parassiti che immergono un cucchiaio di troppo nel piatto dei coreani”. Nelle retate di verifica qualcuno veniva sempre arrestato e trattenuto in cella per 10-15 giorni, trattato decisamente con poco rispetto, e molti venivano rimpatriati.

D’altra parte, le notizie provenienti dalla patria non sono incoraggianti, con la svalutazione del tenge a cascata con quella del rublo e gli aumenti dei prezzi, che sconsigliano il ritorno a casa. Sanat assicura che “con chiunque salirà al potere a Seoul, noi continueremo a sopravvivere”, anche se non è chiaro come si debbano comportare i migranti, quando scoppia una rivoluzione.

Ci sono anche i migranti legali come Dias, anch’egli kazaco, giunto a Seoul 10 mesi fa, che attualmente studia la lingua coreana all’università, pagando oltre mille dollari ogni tre mesi e mantenendosi facendo il cameriere, con uno stipendio di 1.500 dollari al mese.

Quando è iniziato lo scompiglio, Dias ha reagito senza scomporsi. Il padrone ha solo detto che i turni sarebbero finiti prima per il coprifuoco, e di non girare senza documenti di identità. Secondo Dias la situazione politica non avrà particolare influsso sulla vita dei migranti, almeno di quelli con i documenti in ordine, anche se “nessuno di noi immaginava che potesse scoppiare una tale confusione” in un Paese ritenuto “sicuro e progredito”, rispetto alle abitudini di quelli dell’Asia centrale.

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