Seoul, negata la cittadinanza ai discendenti dei coreani deportati in Asia centrale
Le deportazioni avvenute nei primi del ‘900. Su 200 mila persone, in 40 mila morirono durante le migrazioni forzate. I discendenti fanno ora ritorno in Corea del Sud. Tra loro, 70 mila rischiano l’espulsione. Alla quarta generazione non è garantita una vita nella terra d’origine.
Seoul (AsiaNews) - Negli ultimi anni, molti coreani hanno deciso di fare ritorno in Corea del Sud dall’Asia centrale. Sono i discendenti di coloro che negli anni Trenta furono deportati con la forza dalle autorità sovietiche nelle regioni che oggi costituiscono il Kazakhstan e l'Uzbekistan. Alcuni rischiano però l’espulsione dal Paese d’origine, dal momento che Seoul si rifiuta di conceder loro lo status di cittadini.
La legge sull’immigrazione e sullo status legale dei coreani all’estero, approvata nel 1992, riconosce la cittadinanza coreana a tutti gli emigrati nell’oriente russo prima della formazione dello Stato coreano. Ma per quanto riguarda i loro discendenti, la normativa riconosce solo le persone con almeno un genitore o un nonno che hanno mantenuto la cittadinanza coreana, e solo fino alla terza generazione.
A rimanere escluse sono quindi le generazioni più giovani, che si trovano ad affrontare il rischio dell’espulsione e la separazione dalle proprie famiglie. Secondo alcune organizzazioni non governative, sono circa 70 mila i coreani che rischiano ora la deportazione, 10 mila nella sola Ansan, città del nord-ovest. Molti nel Paese si interrogano sul loro destino e chiedono il cambiamento della legge affinché tutti possano ottenere lo status di residenza permanente.
Tra il 1850 e il 1860 molti coreani emigrarono nel profondo est della Russia per cercare fortuna. Dopo il trattato russo-coreano del 1884, gli immigrati coreani poterono ottenere la cittadinanza dell’impero russo.
Nel 1937 però, le relazioni tra l’Unione Sovietica e il Giappone s’inasprirono e le persone di etnia coreana furono etichettate come “inaffidabili” da Joseph Stalin. La Corea era all’epoca sotto il dominio coloniale del Giappone, durato dal 1910 al 1945. Le tensioni portarono alle massicce deportazioni dei coreani.
Nel solo 1937, le autorità sovietiche deportarono circa 200 mila coreani a bordo di sovraffollati treni diretti in Kazakhstan e Uzbekistan. Ogni carrozza trasportava dalle quattro alle cinque famiglie e il viaggio durava un mese. Molti morivano per la fame o per il freddo, e i loro corpi venivano gettati dal treno in corsa. La migrazione forzata è costata la vita a circa 40 mila persone, metà erano bambini. Era molto difficile per i coreani adattarsi alla vita in Asia centrale. Molti tra i deportati si tolsero la vita. L’unico modo per sopravvivere era assimilare la nuova cultura. A distanza di ottanta anni però, molti coreani si trovano di fronte alla discriminazione nella loro stessa terra d’origine.