17/08/2022, 09.26
COREA DEL SUD
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Seoul, i morti per l’alluvione riaccendono i riflettori sul popolo dei seminterrati

di Guido Alberto Casanova

Buona parte delle vittime viveva nei “banjiha”, gli scantinati dove è ambientato il film “Parasite”, uniche soluzioni abitative accessibili per il 5% della popolazione. L’amministrazione locale promette un piano per svuotarli, ma senza dire dove sistemerebbe le oltre 200mila famiglie che oggi vi risiedono.

Seoul (AsiaNews) - La settimana scorsa sulla capitale sudcoreana e nelle aree circostanti si è riversata tanta acqua come non succedeva da oltre cento anni. Tra lunedì e mercoledì, secondo l’agenzia meteorologica nazionale, sono caduti su Seoul 525 mm di pioggia, superando di molto in poche ore la quantità di pioggia che solitamente viene registrata in un mese. La ricerca dei dispersi è ancora in corso, ma l’eccezionale ondata di piogge che ha colpito la capitale ha già fatto registrare otto decessi confermati, quattro dei quali sono avvenuti nei tristemente noti appartamenti seminterrati. Intrappolate nelle proprie case dall’acqua scrosciante, le vittime sono annegate prima che i soccorsi potessero raggiungerle.

Questi appartamenti seminterrati (chiamati in coreano “banjiha”) sono la realtà quotidiana per molti sudcoreani di bassa estrazione sociale, come quelli rappresentati nel celebre film “Parasite”. Il basso costo relativo di queste abitazioni le rende soluzioni accessibili in una città dove i prezzi degli immobili sono inaccessibili per molti. Circa il 62% di tutti i banjiha sudcoreani sono concentrati nella capitale, dove secondo i dati riportati dall’ufficio statistico della Corea del Sud 200.849 nuclei familiari vivono in appartamenti di questo tipo: si tratta di circa il 5% della popolazione di Seoul. Dopo le piogge torrenziali della settimana scorsa e le morti per annegamento, un coro di voci critiche si è levato dalla società civile contro i banjiha. “Condanniamo la negligenza del governo nei confronti dei marginalizzati per questa tragedia: mentre le piogge diventano più intense e più frequenti sotto l’influenza dei cambiamenti climatici, occorre intraprendere un cambiamento fondamentale al proprio modo di approcciarsi ai residenti di questi appartamenti seminterrati” ha dichiarato la Citizens Coalitions for Economic Justice. Il gruppo di attivisti chiede al governo di aiutare gli abitanti dei banjiha a trasferirsi in soluzioni abitative più sicure e sostiene il bisogno di ampliare l’offerta di case popolari.

Sotto pressione, l’amministrazione della capitale ha annunciato misure per prevenire in futuro tragedie simili. Il sindaco Oh Se-hoon ha detto che non verrà più approvato alcun progetto edilizio che preveda la costruzione di banjiha: per farlo, la città di Seul farà pressione sul governo per rivedere i regolamenti edilizi che permettono la costruzione degli appartamenti seminterrati. Nel frattempo, l’amministrazione cittadina ha promesso di aiutare il ricollocamento degli attuali residenti in altre abitazioni nel corso dei prossimi 10-20 anni.

Il piano ha però attirato non poco scetticismo ed è visto da molti come una semplice dichiarazione per non mostrarsi inerti e salvare la faccia. “Cosa vi aspettate che faccia la gente? Viviamo qui perché è meno costoso” ha detto al Korea Herald Sohn Mal-nyeon, una donna settantenne che abita in un banjiha non lontano da dove è annegata una delle quattro vittime. Difficile darle torto, dal momento che oltre all’annuncio, il governo di Seoul non ha ancora fornito dettagli su come dovrebbe funzionare il ricollocamento dei residenti. Dove dovrebbero andare? Che compenso verrà previsto? Come verrà messo in pratica il piano? Già 10 anni fa era stato approvato un regolamento contro i banjiha, ma evidentemente il problema rimane ancora da risolvere

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