29/03/2014, 00.00
COREA DEL SUD
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Seoul, dopo 17 anni la "clinica Raffaele" per i migranti avrà un suo edificio

di Pietro Kim Jaedok
L'opera è stata creata per volontà del card. Kim, che nel 1996 ha spinto medici e volontari cattolici ad aiutare gli immigrati in Corea senza soldi o copertura sanitaria. Costretta a operare in un corridoio del seminario della capitale, questo grande strumento di carità ha trovato i fondi per aprire una struttura indipendente.

Seoul (AsiaNews) - Dopo 17 anni di attività e quasi 180mila migranti curati in maniera gratuita in un corridoio del seminario di Seoul, la "Clinica Raffaele" potrà spostarsi in un edificio proprio dove potrà continuare la propria opera caritatevole a favore delle fasce più povere della popolazione sudcoreana. L'opera, nata per volontà del defunto cardinal Kim, è stata infatti costretta a operare per quasi due decenni in un "ospedale corridoio", ovvero il terzo piano dell'edificio parrocchiale di Haehwa e in una parte del seminario di Seoul.

Questo grande strumento di carità nasce nel 1996, quando l'allora arcivescovo di Seoul card. Stefano Kim Sou-hwan convoca un gruppo di medici dell'università di Seoul per spingerli a interessarsi alla misera situazione dei tanti stranieri entrati in Corea per lavorare. Senza copertura sanitaria e spesso senza documenti, questi stranieri provenienti per la maggior parte da Paesi asiatici - soprattutto Cina, Pakistan, Bangladesh e Filippine - non hanno alcun modo per ottenere cure mediche. "La loro vita - dice il cardinale ai presenti - è troppo misera. Per favore, create un'attività medica che possa aiutarli".

L'anno successivo, grazie all'opera gratuita di tanti dottori, la clinica inizia a operare. Il presule offre la disponibilità dei locali parrocchiali, mentre il nome viene scelto dall'allora vescovo ausiliare di Seoul mons. Pietro Kang U-il. Il vescovo, oggi titolare della diocesi di Cheju e presidente della Conferenza episcopale coreana, indica l'arcangelo Raffaele come protettore della nuova opera.

Uno dei medici che sin dalla prima ora ha prestato il suo servizio alla clinica, il dott. Ann Kuyri, ricorda: "Con i professori e gli studenti di medicina abbiamo portato qualche sedia e molte scatole di medicinali e abbiamo cominciato a curare gli stranieri nel corridoio della chiesa. I primi tempi i migranti avevano paura di venire da noi, perché non avevano soldi. Ricordo che i primissimi, sulla porta, chiedevano: 'Ma è vero che qui posso vedere un medico? È vero? Ma io non ho soldi...' Quella era la situazione". Nei primi tempi, la clinica era frequentata da circa 30 stranieri al giorno: oggi sono più di 300.

Il card. Kim ha sostenuto con ogni mezzo questa clinica e ne ha parlato in ogni occasione possibile. Subito dopo la sua morte, avvenuta il 23 febbraio del 2009, un anonimo ha donato circa 2.300 euro per le opere sanitarie dell'ospedale "corridoio". E nel suo testamento, il defunto presule ha lasciato una forte somma proprio a questa attività. Grazie a questa "valanga di aiuti", sostenuta anche da alcuni migranti che hanno migliorato la propria situazione economica e lavorativa, il prossimo giugno la clinica potrà aprire in un edificio proprio.

 

 

 

 

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