Senatrice anti-Duterte in carcere dal 2017: ora l'accusatore ritratta
Leila De Lima - già ministro della Giustizia di Aquino e fiera oppositrice dei metodi del presidente nella "guerra alla droga" - fu arrestata e condannata per presunti favori a un narcotrafficante. Kerwin Espinosa oggi però sostiene che fu la polizia a costringerlo ad accusarla. Mons. David, presidente della Conferenza episcopale: "Una pesante ingiustizia commessa contro tutto il popolo filippino".
Manila (AsiaNews) - Potrebbe presto essere scarcerata Leila de Lima, 62enne senatrice dietro le sbarre dal 2017 per quella che i suoi sostenitori ritengono una manovra del presidente Duterte, criticato dalla senatrice per la “guerra alla droga” avviata nel 2016 subito dopo l’elezione. Oggi, - ormai agli sgoccioli dell’amministrazione, in vista delle elezioni presidenziali del 9 maggio - la De Lima sembra ottenere giustizia.
I contrasti tra il presidente, da tempo ancor prima della sua candidatura ed elezione nel mirino dei gruppi di difesa dei diritti umani per le iniziative repressive verso la società civile e i metodi sbrigativi utilizzati per liberarsi dei critici, si erano trasformati cinque anni fa in denuncia verso la donna che in quanto segretario alla Giustizia nel 2014 aveva portato allo scoperto i privilegi concessi in carcere ai “signori della droga” locali e le loro connessioni. Ne erano seguiti un processo contro di lei e la condanna per corruzione per avere accettato denaro frutto del traffico di stupefacenti sostenuta dalla testimonianza del trafficante Kerwin Espinosa. Questi però il 28 aprile ha ritrattato con un documento scritto, segnalando come la sua confessione fosse stata estorta dalla polizia e liberando così la De Lima dalle sue presunte responsabilità e di fatto neutralizzando la condanna.
In attesa di provvedimenti ufficiali, la senatrice - che nella detenzione in un centro di custodia giudiziaria ha continuato a svolgere la sua attività politica e legislativa e si è ufficialmente ricandidata per le elezioni fronte opposto a quello del tandem per la presidenza e la vice-presidenza formato da Ferdinand “Bonbong” Marcos e da Sara Duterte, la figlia del presidente uscente - ha sollecitato altri a uscire allo scoperto per delineare con chiarezza i rapporti tra traffico di droga, politica e polizia.
Una posizione critica non isolata la sua, dato che a una settimana dal voto la Conferenza episcopale cattolica delle Filippine ha ricordato con tutta la sua forza le gravi conseguenze di un ritorno dei Marcos alla guida del Paese e di un rinnovarsi delle politiche liberticide di Duterte.
Il 29 aprile, il presidente della Conferenza episcopale, il vescovo di Caloocan mons. Pablo Virgilio David, aveva evidenziato pubblicamente “la pesante ingiustizia” nei confronti di Leila de Lima, un’ingiustizia “commessa contro il popolo filippino”, sottolineando “che non le è stato nemmeno permesso di partecipare online alle sedute del Senato”.
24/02/2017 11:49
21/09/2017 09:03