Scontri nella notte a Tel Aviv tra ebrei etiopi e polizia: 68 persone ferite e 43 arrestate
Tel Aviv (AsiaNews) - È di 68 feriti e 43 arrestati il bilancio degli scontri avvenuti domenica notte a Tel Aviv tra la polizia israeliana e manifestanti della comunità ebraica falasha, di origine etiope. Secondo fonti della polizia, tra i feriti si contano 56 agenti e 12 manifestanti. Iniziata in modo pacifico nel pomeriggio di ieri, la manifestazione degli ebrei etiopi ha assunto una connotazione violenta quando i dimostranti hanno raggiunto piazza Rabin, al centro della città. Durante il pomeriggio essi avevano marciato dalle torri Azrieli alla zona governativa di Kiryat HaMemshala, bloccando il traffico sulla superstrada Ayalon, la più importante tangenziale di Tel Aviv. Arrivati in piazza Rabin, i dimostranti hanno iniziato a lanciare pietre e altro materiale contro la polizia, che ha risposto caricando i manifestanti a cavallo e disperdendo la folla con gas lacrimogeni e idranti.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha convocato durante la notte il ministro per la Pubblica sicurezza, Yitzhak Aharonovich, e ha invitato tutte le parti in campo a riportare l’ordine e la calma. La protesta della comunità falasha nasce in seguito alla diffusione di un video girato a Holon il 26 aprile scorso, che ritrae il pestaggio di un soldato dell’esercito israeliano di origine etiope da parte di due poliziotti. Il video mostra come uno dei due poliziotti - ora sospesi dal servizio e indagati in una inchiesta interna del dipartimento di Polizia - si avvicini a Damas Pakada e lo costringa a scendere dalla bicicletta con percosse e spintoni. Raggiunto dal secondo poliziotto, i due agenti hanno assalito il soldato con pugni e calci e lo hanno poi arrestato.
La comunità ebraica etiope ha condannato con forza l’episodio e ha denunciato la polizia di “razzismo” e “ingiustificata violenza”. I falashiti si sono riuniti giovedì scorso a Gerusalemme e hanno organizzato una prima manifestazione pacifica alla quale hanno partecipato circa mille persone. Ieri centinaia di essi hanno manifestato a Tel Aviv contro la discriminazione e la brutalità della polizia, ripetendo lo slogan “Né nero né bianco, siamo tutti esseri umani”. La manifestazione però si è conclusa in modo violento e la città trasformata in un “campo di battaglia”.
Netanyahu ha dichiarato che “tutte le rivendicazioni verranno esaminate, ma non c’è posto per la violenza e la violazione della legge”. Stamattina ha convocato una riunione con i rappresentanti della comunità etiope e con Damas Pakada, il soldato picchiato. Il premier incontrerà anche membri della polizia, autorità statali e i ministri degli Interni e della Pubblica sicurezza. Anche il presidente Reuven Rivlin ha condannato in maniera esplicita le violenze da entrambe le parti e ha ricordato, allo stesso tempo, che “i dimostranti hanno rivelato una ferita aperta al centro della società israeliana. È il dolore di una comunità che grida a gran voce un senso di discriminazione, razzismo, di domande senza risposta. Dobbiamo guardare da vicino questa ferita aperta. Abbiamo sbagliato. Non abbiamo guardato e ascoltato abbastanza”. “Ma la violenza non è né la strada né la soluzione”, ha aggiunto Rivlin.
L’integrazione della comunità ebraica etiope in Israele è una questione tuttora irrisolta, come spiega ad Al Jazeera il dimostrante Mike Hanna: “Gli etiopi da tempo sostengono di essere emarginati e discriminati a causa del colore della loro pelle”. Migliaia di loro sono stati trasportati in aereo dall’Etiopia in Israele durante gli anni ’80, per sfuggire alla fame e alla povertà. Ma nella “terra dei Padri” non hanno trovato migliori condizioni di vita. La comunità etiope infatti, composta da circa 135mila persone (su 8 milioni di abitanti), lamenta da lungo tempo di essere vittima di discriminazione, razzismo e povertà. Più della metà di essa vive nella miseria e solo la metà dei suoi componenti si è diplomata al liceo.
25/10/2018 11:24