Scontri con l’esercito a Osh, ancora morti
Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – Nuovi scontri tra forze dell’ordine ed etnici uzbeki sono esplosi stamattina nella martoriata Osh, con almeno due morti. Secondo attivisti per i diritti umani, gli scontri sono stati causati da un’operazione delle forze dell’ordine a Nariman, centro abitato ai sobborghi di Osh. I militari hanno operato numerosi controlli alla ricerca di armi, suscitando l’opposizione dei locali, soprattutto etnici uzbeki. Molte persone sono state percosse e ne sono nati scontri con almeno 20 feriti.
Secondo Timur Kamchibekov, portavoce del governo provvisorio “durante un’operazione di sicurezza, le forze dell’ordine hanno incontrato resistenza armata nel villaggio di Nariman. Secondo le prime notizie, due civili sono morti”.
L’attivista pro-diritti Tolekan Ismailova parla invece di almeno 4 morti civili, numerose persone che si nascondono in casa per paura della polizia, giovani portati via senza apparente ragione, dice che “è inaccettabile agire così verso i civili”. L’operazione dei militari causa molta perplessità, anche perché Osh è stata la città più colpita dalla violenza e qui la tensione rimane elevata. Nei giorni scorsi militari e civili hanno iniziato a smantellare le molte barricate che dividevano le zone della città, sorte nel corso degli scontri etnici.
C’è paura di un altro bagno di sangue, dopo che le violenze interetniche della scorsa settimana hanno causato almeno 208 morti accertati (ma il governo parla di 2mila) e molte migliaia di feriti, incendi e distruzioni. Ci sono circa un milione di profughi, secondo le Nazioni Unite, su 5,3 milioni di abitanti.
In precedenza, oggi la premier del governo provvisorio Roza Otunbayeva aveva confermato l’intenzione di tenere comunque domenica 27 giugno il referendum costituzionale, nonostante l’incerta situazione del sud e le numerose richieste interne di rinvio. “Tenere il referendum – ha ripetuto la premier – è necessario per creare una base legale”. “Se permettiamo un qualsiasi rinvio, questo causerà una minaccia di ulteriore instabilità”. La Otunbayeva era stata a Jalalabad dove la situazione è più calma, molti negozi e ristoranti hanno riaperto.
Anche Russia e Stati Uniti, che hanno basi militari nel Paese, premono per lo svolgimento del referendum. Sergei Lavrov, ministro russo degli Esteri, e la Segretaria di Stato Usa Hillary Clinton ieri, durante una telefonata, hanno entrambi “sottolineato l’importanza del referendum del 27 giugno… per rendere stabile la situazione”. Anche Turchia e Kazakistan “sperano” che il referendum si svolga e oggi si sono detti disponibili a fornire aiuti al Paese, che ha ampie zone a rischio di carestia.
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