23/02/2023, 14.07
ISRAELE - PALESTINA
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Sciopero generale dei palestinesi in risposta al raid israeliano a Nablus

Dalla Cisgiordania a Gaza e Gerusalemme est chiuse scuole, università e attività commerciali. Egitto e Onu tentano una difficile mediazione per scongiurare una escalation. L’inviato speciale delle Nazioni Unite parla di “situazione già molto instabile”. Nuovi poteri nei Territori per il ministro delle Finanze Smotrich. Morto Ahmed Qureia, mediatore degli Accordi di Oslo. 

Gerusalemme (AsiaNews) - Uno sciopero generale di tutte le attività commerciali in Cisgiordania, Gaza e a Gerusalemme est è la prima risposta dei palestinesi al raid israeliano di ieri a Nablus che ha provocato 11 morti, oltre un centinaio di feriti e innescato una ulteriore escalation nella notte a Gaza. Raccogliendo l’appello dei vari leader locali scuole, università e negozi hanno chiuso i battenti e sospeso ogni attività in segno di protesta, mentre la diplomazia internazionale tenta una difficile mediazione per scongiurare altro spargimento di sangue. Rappresentanti di Egitto e Nazioni Unite hanno avviato trattative fra le parti e in queste ore è giunto nella Striscia l’inviato speciale Onu per il Medio oriente Tor Wennesland per incontrare i vertici di Hamas. 

“Continuo il mio impegno con tutte le parti in causa, nel tentativo di disinnescare l’escalation” ha affermato in una nota il diplomatico dell'Onu prima della partenza. E rivolgendosi a tutte le parti in causa, da Israele ai vertici di Gaza e Cisgiordania, egli ha esortato “ad astenersi dal compiere gesti che potrebbero infiammare ancora di più una situazione già molto instabile”. 

A innescare il nuovo fronte di crisi l’assalto ieri, in pieno giorno rispetto a operazioni del passato avvenute di notte o alle prime luci dell’alba, a Nablus, uno dei centri più popolosi e importanti a livello commerciale della Cisgiordania, che per diverse ore è sembrata “zona di guerra”. I militari israeliani hanno ingaggiato un pesante scontro a fuoco con miliziani nell’area, in particolare i membri del “Lion’s Den” gruppo che si è andato affermando nell’ultimo anno e sembra acquisire crescente influenza. Pur proclamandosi indipendente, il movimento riceverebbe finanziamenti da Hamas e Jihad islamica ed è ritenuto responsabile di attacchi a colpi di arma da fuoco nei mesi scorsi contro militari e coloni negli insediamenti, compreso uno a ottobre in cui è morto un soldato. 

Almeno 11 le vittime registrare ieri e oltre un centinaio i feriti. Fra i morti vi sono anche civili palestinesi, fra i quali tre anziani e un ragazzo di soli 14 anni. Nella notte si sono poi registrati lanci di razzi dalla Striscia verso il sud di Israele, cui sono seguiti attacchi aerei e bombardamenti da parte dei caccia con la stella di David contro obiettivi militari, senza provocare ulteriori morti. 

Da inizio anno il bilancio delle vittime palestinesi ha toccato quota 61 in meno di due mesi, il dato più alto nei Territori dal duemila a oggi. Lo scorso anno le vittime totali erano state 150. L’escalation di violenze preoccupa i vertici palestinesi con Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente dell'Autorità nazionale palestinese, che chiede “la fine dei continui attacchi contro il nostro popolo”; nel frattempo i leader di Hamas avvertono che “la pazienza sta finendo” ed è sempre più probabile uno “scontro aperto” con Israele se non vi sarà un cambiamento.

Ad alimentare la tensione il pugno di ferro adottato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e dal suo governo dominato da ultranazionalisti, il più a destra della storia del Paese al potere da due mesi, che in queste ore non ha rilasciato commenti ufficiali. Sempre in queste ore i collaboratori del capo dell’esecutivo annunciano il raggiungimento di un accordo col ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, alla guida di un partito sionista-religioso strenuo sostenitore degli insediamenti, che gli garantiranno ulteriori poteri civili nei Territori della Cisgiordania. 

Una situazione che per molti esperti rischia di sfociare in una nuova intifada ed è fonte di preoccupazione per attivisti e leader globali, come il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres secondo cui è “la più incandescente da anni”. Commentando l’operazione a Nablus, il capo della diplomazia Onu la definisce “profondamente preoccupante” e invoca uno sforzo maggiore per ridurre le violenze e ripristinare la calma. Uno scontro frontale che rende ancora più lontani i tempi degli Accordi di pace di Oslo del 1993, in cui aveva ricoperto un ruolo di primo piano come negoziatore l’ex primo ministro palestinese Ahmed Qureia, scomparso ieri.

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