Scade l'ultimatum dell'esercito. Milioni di egiziani affollano piazze e strade
Il Cairo (AsiaNews) - Il Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) sta gestendo i colloqui fra i membri del governo islamista e alcuni rappresentanti di opposizione e manifestanti. Al momento i Fratelli Musulmani e i loro alleati non vogliono cedere alle pressioni dei militari. L'ultimatum dell'esercito nei confronti di Mohamed Morsi e dei partiti politici è scaduto alle 16.30. I militari hanno già occupato in modo simbolico la sede della TV nazionale, dove fra poche ore Abdel Fattah al Sisi, capo dell'esercito e ministro della Difesa, parlerà alla nazione. Fonti di AsiaNews parlano di un clima molto teso, di grande attesa e di timore per eventuali violenze. L'esercito, che ufficialmente appoggia i manifestanti, ha piazzato carri armati e mezzi blindati davanti ai luoghi sensibili della capitale: palazzo presidenziale di Heliopolis, ministero della Difesa, palazzo dell'Assemblea costituente.
Come avvenuto l'11 febbraio del 2011, giorno delle dimissioni di Mubarak, quasi un milione di persone affollano piazza Tahrir e altri luoghi simbolo delle proteste oceaniche di questi giorni, in attesa del discorso del capo dell'esercito. Intanto, decine di migliaia di islamisti della Nazional Alliance, movimento legato ai Fratelli Musulmani, stanno manifestando in favore della legittimità del presidente. Finora non si registrano scontri.
Oggi, in diverse interviste i leader dei Fratelli Musulmani e del partito Giustizia e Libertà hanno ribadito che il presidente Morsi non cederà alla minacce ed è pronto ad aprire un dialogo con l'opposizione. A contraddire la sicurezza del presidente sono le continue defezioni di ministri e alleati politici. Questa mattina in un comunicato la al-Gamaa al-Islamiya ha annunciato di non condividere la posizione del capo di Stato, invitandolo a dimettersi e a indire elezioni presidenziali immediate.
P. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana sottolinea che se gli islamisti restano ancora sulle loro posizioni intransigenti vi è il rischio di violenze, che a causa della tensione potrebbero sfociare in un principio di guerra civile. "La popolazione - afferma il sacerdote - non vuole il dialogo, desidera che Morsi lasci e i Fratelli Musulmani cedano il potere".
L'Egitto è ormai unito nel riconquistare la sovranità del Paese. "Una guerra civile - spiega - avviene di solito fra due fazioni. Qui invece siamo di fronte a un intero popolo contro una minoranza estremista che non vuole lasciare il potere". Il sacerdote sottolinea che l'occidente, soprattutto Europa e Stati Uniti, rischiano di essere complici di un crollo violento dell'Egitto. Ieri, Catherine Ashton, ministro degli Esteri europeo ha di nuovo invitato le parti al dialogo. Tuttavia, secondo p. Greiche si tratterebbe di un dialogo fra l'85% della popolazione e una minoranza del 15%, o anche inferiore. Anche il presidente Usa Barack Obama, in visita in Tanzania, ha scelto un basso profilo, invitando le parti a trovare una soluzione pacifica e sottolineando che gli aiuti degli Stati Uniti si basano sul rispetto della democrazia da parte del governo. (S.C.)