16/03/2022, 08.53
RUSSIA-UCRAINA
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Sanzioni, si svuotano i negozi russi: ‘Non sarà più come prima’

di Vladimir Rozanskij

Scaffali vuoti: scompare lo zucchero, un’insalata costa come un piatto di ostriche, e la carne è ormai come l’oro. Le autorità dicono ai cittadini che arriveranno aiuti da Cina e Bielorussia. Per i russi la crisi attuale e peggio di quella del Covid-19.

Mosca (AsiaNews) – Alla terza settimana della cosiddetta operazione speciale in Ucraina, dove le armate russe stanno provocando una vera catastrofe umanitaria, anche in Russia si iniziano a sentire le pesanti conseguenze delle sanzioni economiche. I giganteschi centri commerciali assumono un aspetto sempre più spettrale, chiudono anche i negozi alimentari al dettaglio, scompaiono dagli scaffali moltissimi articoli: alcuni non vengono più importati, altri si esauriscono per il panico dei consumatori.

Nella regione di Pskov è scomparso ad esempio lo zucchero, preso d’assalto già a febbraio. Irina Eršova, un’insegnante della provincia di Novosokolniči, che è anche deputata del locale Consiglio, spiega a Sever.realii che “lo zucchero raffinato è la nostra vera valuta locale, e ora stanno assalendo anche le scorte di sale… i più furbi fanno scorta di tè e caffè di alta qualità, di olive e frutti di mare”. I prezzi sono cresciuti molto: i cavoli sono più cari delle banane, le patate arrivano fino a 80 rubli (quasi un euro al chilo), e tutti i cereali sono alle stelle. Aumenta anche il pane, mentre dagli scaffali scompaiono gli alimenti per bambini e per gli animali domestici, e qualunque prodotto d’importazione.

Una contadina della provincia di Velikoluksk, Nadežda Kotkova, è entusiasta per essere arrivata al supermercato proprio nel momento in cui scaricavano lo zucchero: “Ce l’abbiamo fatta, lo abbiamo comprato a 55 rubli, quando in giro supera i 70, se lo si trova nei negozi”. La donna spiega che la farina “Makfa” è arrivata a 90 rubli: “Io la uso molto, anche l’olio è carissimo, i pacchi di pasta sono stati ridotti da 600 grammi a 400; sono riuscita a comprarne una decina prima dell’ennesimo rincaro, tutta colpa della guerra, speriamo che finisca almeno a Pasqua… comunque non sarà più come prima”.

Altre persone sottolineano con grande ansia la carenza sempre più grave di medicinali, soprattutto quelli d’importazione: le medicine locali infatti non curano tutte le patologie. Del resto tutti i prodotti locali continuano ad aumentare, ad esempio le gomme per le ruote delle automobili, che in Russia vanno cambiate due volte l’anno: un cambio oggi costa 5mila rubli, quando era a 3.500 la scorsa settimana, come racconta un altro deputato locale, Nikolaj Kuzmin: “Questo è il frutto delle vittorie geopolitiche… vorrei chiedere ai nostri capi che cosa speravate, quando avete iniziato la vostra operazione speciale? Non è certo stata la Nato ad aumentare i prezzi del 40%”.

In Carelia cominciano a mancare gli articoli di elettronica e le macchine per l’economia domestica, ma i capi del capoluogo Petrozavodsk assicurano che “presto arriveranno dei carichi dalla Bielorussia, uno Stato amico”. Non si sa però a quali prezzi, anche per l’instabilità del rublo, che blocca molte produzioni e distribuzioni. La Bielorussia non potrà fare più di tanto, molto si aspetta dalla Cina, anche qui con numerose incognite. Un operatore del centro di elettronica “Eldorado” è convinto che “tutto si sistemerà, magari tra un anno o due”.

Anche chi lavora per ditte straniere, come Adidas o McDonald’s, si aggrappa alla speranza: “Per ora continueremo a ricevere lo stipendio secondo il contratto, poi magari ritornano, non volevano andarsene”.

I blocchi per le sanzioni erano già iniziati nel 2014 dopo l’annessione della Crimea, e molti ricordano quel periodo come un faticoso, ma non impossibile adattamento. Solo che non c’era l’operazione speciale di Putin in corso, e oggi domina lo smarrimento nei lavoratori e negli imprenditori russi. Il padrone della più importante caffetteria di Petrozavodsk è un russo di origini cinesi, Roman Li, e lamenta che “anche i fornitori che vogliono continuare a portarci le cose non sanno come fare, non ci sono aerei e navi disponibili”.

Una semplice insalata “iceberg” con i peperoni costa come un piatto di ostriche, e la carne è ormai come l’oro. I locali sono sempre più vuoti e faticano a rimanere aperti, nonostante tutte le facilitazioni governative che hanno sospeso le verifiche, prolungato le licenze, assicurato il pagamento delle ferie, cose che già venivano concesse durante la pandemia: “Pensavamo che quel periodo ci avesse resi più forti, ora ci sembra che fosse una passeggiata”.

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