Sacerdote gesuita: Combattiamo la cultura della morte in India
Mumbai (AsiaNews) - "Come cristiani dobbiamo essere consapevoli che Gesù è vita e che è venuto per donarcela in tutta la sua abbondanza. Perciò dobbiamo fare di tutto per promuovere e diffondere una cultura della vita, nelle sue tante dimensioni. Non possiamo avere un approccio selettivo: dobbiamo dire no all'aborto, ma anche alla pena di morte. Non ha importanza quanto 'cattivo' sia il criminale e quanto male abbia fatto. Se crediamo che solo Dio può dare la vita e la morte dobbiamo essere chiari e coerenti con il nostro opporci a tutte le forme sbagliate di 'morte': l'aborto, la pena di morte e l'eutanasia". Così p. Cedric Prakash, gesuita del Gujarat, ha accolto il Human Life Award conferitogli dal Comitato per la vita umana e la Commissione per la famiglia dell'arcidiocesi di Mumbai, che il 23 marzo scorso ha celebrato la Giornata per la vita. Con il sacerdote è stato premiato anche il Nirmala Shishu Bhavan, orfanotrofio delle Missionarie della Carità che si trova a Vile Parle, quartiere di Mumbai.
Più di 300 persone provenienti da oltre 70 parrocchie hanno partecipato all'evento. Mons. Agnelo Gracias, presidente dei due corpi arcidiocesani, ha spiegato: "Ogni anno conferiamo il Sr. Annunciata Pro Life Award e il Lily and Rose Award, destinati a quelle istituzioni o singole persone che hanno lavorato a favore della vita".
Il primo riconoscimento è andato a p. Prakash, che dirige il centro per i diritti umani, la giustizia e la pace Prashant, con base ad Ahmedabad. Il secondo è andato all'orfanotrofio delle suore di Madre Teresa. Suor Rahanna lo ha ritirato, ricordando le parole di Madre Teresa: "Non so quale sarà la riuscita; ma se le Missionarie della Carità avranno portato gioia in una di queste case infelici, se avranno fatto in modo che un innocente bimbo di strada si preservi puro per Gesù, se avranno aiutato un moribondo a morire in pace con Dio, non pensa, Eccellenza, che varrebbe la pena di offrire tutto anche soltanto per quell'unica creatura, perché essa porterà grande gioia al cuore di Gesù?".
Da anni p. Prakash si batte per affermare i diritti umani in India. In particolare, insieme a Prashant si è impegnato per aiutare le vittime degli scontri tra indù e musulmani in Gujarat nel 2002, nei quali la comunità islamica ha pagato il prezzo più alto, in termini di vite umane e di giustizia.
Nel suo discorso di ringraziamento, il sacerdote ha ricordato: "La carneficina del 2002 in diversi modi ha dato inizio a una cultura della morte non solo in Gujarat, ma in tutto il Paese. Oggi molti in India sembrano legittimarla, e una sezione della società indica come proprio candidato premier colui che ha presieduto questo sanguinoso capitolo della storia del Paese. In realtà, non può esserci una tragedia più grande di quella che sembra aver prevalso nella nostra nazione: un atteggiamento per cui non ha importanza cosa accade 'all'altro', se diamo fuoco, saccheggiamo, stupriamo e uccidiamo, o se distruggiamo la vita in tutta la sua santità".