Riyadh riporta in patria il diplomatico, presunto stupratore di due donne nepalesi
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) - Il diplomatico saudita accusato di aver segregato con la forza e stuprato per mesi due donne nepalesi, che lavoravano nella sua residenza privata come domestiche, ha lasciato l’India in base all’immunità diplomatica di cui gode. Ad annunciarlo ieri sera è stato Vikas Swarup, portavoce del ministro degli esteri Indiano, che nei giorni scorsi aveva convocato con urgenza l’ambasciatore dell’Arabia saudita per risolvere la questione e richiesto alle autorità di Riyadh di “consegnare” il presunto stupratore.
Sembra essersi conclusa la delicata vicenda che ha coinvolto due donne di origine nepalese (v. foto), Juna Damai e Gita Tamang (di 30 e 50 anni), salvate la settimana scorsa da un blitz della polizia di Gurgaon [Stato indiano di Haryana, a circa 30 chilometri da New Delhi - ndr], avvertita dall’associazione Maiti India. Grazie alla denuncia del gruppo, i poliziotti hanno fatto irruzione nella residenza del diplomatico saudita e hanno portato in salvo le vittime, provate da mesi di abusi e violenze.
Le donne, riaccompagnate in Nepal la scorsa settimana, hanno raccontato di essere state adescate dal diplomatico con un’offerta di lavoro vantaggiosa e hanno deciso di lasciare il Paese di origine in cerca di fortuna a causa del terremoto che il 25 aprile scorso ha provocato quasi 9mila vittime. Giunte a Gurgaon invece, sono state rinchiuse nell’appartamento del funzionario e sfruttate per i piaceri sessuali dell’uomo e dei suoi amici. Per fiaccare la loro resistenza, gli aguzzini le lasciavano a digiuno per giorni interi e le minacciavano di morte.
La vicenda ha suscitato sdegno presso la popolazione, che ha anche manifestato davanti la residenza del saudita chiedendone l’arresto. Il funzionario gode della protezione internazionale stabilita dalla Convenzione di Vienna del 1961, che tutela il personale diplomatico operante in Paese straniero. Riyadh avrebbe potuto concedere l’interrogatorio, ma alla fine ha deciso di riportarlo in patria, evitando il processo in India.
Gli analisti ritengono che il rimpatrio abbia risolto l’imbarazzo per il governo di New Delhi, che ha buoni rapporti con Kathmandu ma anche importanti legami economici con il regno saudita, dove vivono e lavorano circa 3 milioni di indiani.
01/07/2017 09:23