Riyadh blocca il rilascio dei visti per i pellegrini iraniani all’Hajj
Ministro iraniano contro il governo saudita che “ha frapposto più di una difficoltà” nel rilascio dei permessi. Dopo quattro giorni di discussioni Riyadh “non ha fornito proposte chiare” sui visti. Sullo sfondo le contrapposizioni fra Iran e Arabia Saudita in Medio oriente e l’uso politico dei permessi.
Teheran (AsiaNews/Agenzie) - I colloqui fra Teheran e Riyadh sul prossimo pellegrinaggio alla Mecca si sono arenati sulla questione legata al rilascio dei visti per i cittadini iraniani. È quanto afferma il ministro iraniano della Cultura e della guida islamica Ali Jannati, secondo cui i sauditi stanno “creando problemi” nella preparazione dei permessi. Nonostante gli sforzi, prosegue l’alto funzionario iraniano, “il governo saudita ha frapposto più di una difficoltà negli ultimi mesi”.
L’escalation della tensione fra le due grandi guide del mondo islamico, l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita, non sembra dunque fermarsi, a dispetto dei timidi segnali “di disgelo” di inizio mese sui visti per l’Hajj. Negli ultimi giorni le contrapposizioni hanno affossato il summit dell’Organizzazione della Conferenza Islamica di Istanbul e il vertice Opec a Doha sul petrolio.
Sulla vicenda è intervenuto anche Said Ohadi, presidente dell’Organo Iraniano per l’Hajj (Pellegrinaggio), secondo cui “la controversia non è ancora risolta” e la controparte saudita “non ha, ad oggi, fornito proposte chiare” dopo quattro giorni di discussioni.
Riyadh avrebbe creato problemi sia per quanto concerne il trasporto dei pellegrini a bordo di velivoli iraniani, sia per quanto concerne il rilascio dei visti. Al termine di intense trattative, la delegazione iraniana e quella saudita avrebbero raggiunto un accordo di massima sul trasporto dei pellegrini alla Mecca; tuttavia, resta aperta la controversia sui visti di ingresso.
A complicare le trattative, la rottura dei rapporti diplomatici fra Teheran e Riyadh in seguito all’assalto a inizio anno contro la sede diplomatica saudita in Iran e al suo consolato a Mashad; attacchi innescati dalla decisione di Riyadh di giustiziare 47 “terroristi”, fra cui il dignitario sciita Nimr al-Nimr. In risposta all’attacco diversi governi del mondo arabo e del Golfo hanno deciso di ritirare il proprio ambasciatore in Iran, fra cui Qatar Kuwait, Arabia Saudita, al Bahrain e al Sudan, innescando una crisi politica (e religiosa) nel mondo islamico fra sunniti e sciiti.
I rapporti fra le due potenze del mondo musulmano erano già ai minimi storici dal mese di settembre 2015, in seguito al drammatico incidente avvenuto nel corso dell’ultimo pellegrinaggio maggiore alla Mecca. Una tragica rissa a Mina, nei pressi della Mecca, aveva causato centinaia di vittime, 2070 morti per la precisione secondo una statistica riportata dalla Reuters.
Allora, tale bilancio era stato rigettato dall’Arabia Saudita che ha riconosciuto in via ufficiale la morte di soli 769 pellegrini. Fra tutte le nazionalità, gli iraniani hanno pagato il prezzo più alto, 136 morti, 102 feriti e 344 dispersi. Fra questi ultimi vi sono persone di spicco, come l’ex ambasciatore iraniano in Libano. L’Iran aveva subito accusato le autorità saudite di “cattiva gestione” e di “incompetenza” fino ad arrivare a suggerire che l’incidente fosse premeditato.
L’Hajj (pellegrinaggio) è considerato uno dei cinque pilastri dell’Islam e ogni buon musulmano dovrebbe compierlo almeno una volta nella vita. L’Arabia saudita ha spesso usato in modo politico il permesso di giungere alla Mecca. Ad esempio, da anni ai siriani è vietato recarsi nella città santa musulmana.
05/09/2016 14:24