Ripensare agli accordi fra Cina e Vaticano (anche con un po' di ironia)
Le diverse discrepanze nelle discussioni sui rapporti fra Cina e Santa Sede. Pur non essendovi ancora alcun accordo pubblico, molti commentatori ne parlano a più non posso, come un elemento di pettegolezzo. I vescovi troppo spesso ridotti a burattini; la mancanza di fiducia reciproca fra le due parti; la questione di Taiwan: questi alcuni dei problemi delineati dal sagace autore che si firma “il prete eremita del Nord”, un sacerdote blogger molto famoso in Cina.
Pechino (AsiaNews) – Una profonda analisi della questione Cina-Vaticano, molto calzante sui problemi della libertà, delle garanzie, delle ambiguità, con un pizzico anche di umorismo. L’autore è un sacerdote-blogger molto famoso in Cina, che si firma “Huabeide shanren shenfu” (Il prete eremita del Nord). Nel presente articolo egli cita spesso “l’opinione del card. Tong” o quella del “card. Zen”. Egli si riferisce agli articoli pubblicati da AsiaNews alcune settimane fa: “Card. Tong: La comunione della Chiesa in Cina con la Chiesa universale” e “Card. Zen: Le mie perplessità sul dialogo Cina-Santa Sede e le ricadute sulla Chiesa cinese”.
Alcuni amici mi hanno chiesto un’opinione sui differenti punti di vista espressi a proposito del dialogo fra Cina e Vaticano. Io ho sempre paura che le mie vedute non siano corrette perché io, come altri commentatori, non siamo seduti al tavolo delle trattative.
Al momento nessun accordo è emerso ancora dalle stanze del negoziato. O piuttosto, come alcuni commentatori sottolineano, non vi è per nulla un accordo. Essendo esterno a questi dialoghi, non sono in posizione di poter dire se si potrà o no giungere ad un accordo.
Pur in questa situazione, gli accesi dibattiti sui “dialoghi Cina-Vaticano” fatti da gente al di fuori stanno andando avanti proprio come fiamme danzanti nel cielo. Questo mi fa pensare a una notizia di spettacolo dibattuta con molto calore, a proposito di Wang Baoqiang, una star del cinema cinese, che ha lasciato sua moglie Ma Rong.
Certo, rimane il fatto che sulla questione dialogo Cina-Vaticano, non dovremmo sentirci degli “esterni” (outsiders), come se questo tema non ci interessasse. Perché, dopotutto, una cosa è certa, e cioè [ci sono] i dialoghi fra Cina e Vaticano. È da notare che noi siamo degli estranei perché noi cattolici che viviamo in Cina siamo sempre dei “rappresentati” e questa volta siamo rappresentati da tutte e due le parti. A un certo punto noi dobbiamo solo riconoscere “il risultato, il fatto in sé” e questo basta.
Al presente, si dovrebbe dare importanza alla “visione pessimistica” del card. Joseph Zen, mentre la “visione ottimista” del card. John Tong deve essere messa da parte per un po’ di tempo. E perché questo? La ragione è che la società e la Chiesa in Cina mancano della necessaria indipendenza e libertà. Come si vede, anche la libertà di cui un tempo la società e la Chiesa di Hong Kong godevano sta riducendosi giorno dopo giorno. Data questa situazione, un negoziato per la “libertà di religione, indipendenza e l’autonomia” non sembra poter manifestare la sua integrità.
Così, coloro che hanno la mente fredda stanno soltanto a guardare gli attuali dialoghi Cina-Vaticano. Al presente, la maggioranza dei cattolici di Cina hanno preso un atteggiamento del tipo “vediamo cosa succede”. In più, la maggior parte di loro non sa cosa possono fare o cosa si chiede loro di fare. Pregare? Solo pregare! Il card. Zen, citando l’articolo del card. Tong, a proposito di alcune persone che esprimono “critiche e aspri rimproveri” contro il papa, ha detto che il commento [del card. Tong] non era rivolto a lui [il card. Zen], ma alle voci che si odono nella Chiesa in Cina. Subito ho capito che la Chiesa in Cina dovrebbe essere una “Chiesa del silenzio”, che ha solo bisogno di attendere fino a che l’accordo fra Cina e Vaticano sia annunciato. Dopo, con rispetto, essi potranno festeggiare gridando “Evviva!”.
Senza dubbio, i cattolici in Cina, in quanto osservatori, forse non sono in grado di formulare opinioni rispettabili e di peso, e spesso [si riducono] a pettegolezzi, proprio come i commenti su Wang Baoqiang e la rottura con sua moglie, pieni di ostilità, violenza, critiche senza senso e “rimproveri”. In qualche modo, la morbosità sociale in Cina è riflessa anche nelle reazioni dei cattolici in Cina. Poiché le loro voci sono state soffocate per lungo tempo, ora essi hanno una occasione per far scoppiare le loro emozioni e tutti si agitano e cominciano a parlare.
La Cina è una società senza giustizia, proprio come la Chiesa in Cina, che è senza giustizia. Quando ci mettiamo a criticare Ma Rong, la moglie di Wang Baoqiang, ci sembra di parlare come da un summit elevato sulla moralità. In modo simile, quando critichiamo il papa, ci riesce di vincere una certa compassione dalla Chiesa. Ma soprattutto, i cinesi vogliono alla fine solo fare cose che non mettono in pericolo se stessi, siano esse giuste o ingiuste! Al porto di Lianyun (Jiangsu), dei dimostranti sono scesi in piazza contro la costruzione di un sito per immagazzinare scorie nucleari. Gente dalle altre città hanno pensato che sostenere i dimostranti potrebbe causare loro dei problemi, e hanno continuato a chiacchierare sullo scandalo matrimoniale di Wang Baoqiang.
Per decenni, alcuni cattolici hanno voluto essere dei burattini nelle mani del governo cinese. La maggior parte di loro non vuole che la Chiesa sia un burattino, ma comunque, non osano criticare il governo cinese e le sue ingiustificate interferenze perché ciò potrebbe danneggiarli e portare difficoltà alle loro diocesi. Da una parte, alcuni criticano follemente il papa perché dia concessioni [al governo] e ammorbidisca la sua posizione; dall’altra, il resto, vi sono quelli come mons. Wei Jingyi di Qiqihar: così, nessuno rimane ferito!
Ora, qual è il contenuto dei dialoghi Cina-Vaticano? Fondamentalmente, la Santa Sede non rinuncerà all’autorità di nominare vescovi, dato che questo è uno specifico simbolo di unità, cattolicità e universalità della Chiesa cattolica. E fino ad ora il governo cinese non ha mostrato una grande saggezza nel pensare che “abbandonare” questa sua prerogativa sarebbe “ragionevole”. Al contrario, esso pensa in modo stupido che
“ghermire con le mani e poi ficcarsi in bocca” [la preda] sia una maniera superba per dimostrare la sua autorità.
Con questa mentalità, e con ogni probabilità, l’accordo Cina-Vaticano potrà essere raggiunto usando gli otto vescovi cinesi illegittimi come un mezzo di scambio con il rilascio dei vescovi e dei sacerdoti imprigionati in Cina e con l’inclusione della maggior parte dei vescovi nella “conferenza episcopale”. Per la Santa Sede questa mossa è molto pericolosa perché essa con molta difficoltà potrebbe ritirare la sua decisione, mentre per il governo cinese è facile strappare e fare a pezzi un accordo.
Lo stesso avviene per il problema di Taiwan: se la Santa Sede vuole piacere a Pechino, essa non può ristabilire una nunziatura apostolica a Pechino, ma deve trasferire la nunziatura apostolica di Taipei direttamente a Pechino. Ciò potrà causare effetti psicologici alla Chiesa di Taiwan, nel sentirsi abbandonata, proprio come sta succedendo alla Chiesa sotterranea. E questo diverrà un altro elemento inquietante!
Per tale ragione, è utile adesso la visione ottimista del card. Tong. Si spera che Pechino sia seria, responsabile e autorevole nel mantenere la parola, così che alla Chiesa in Cina sia assicurata piena libertà religiosa. Senza speciali condizioni, il delegato della Santa Sede potrà stabilirsi a Pechino, con la necessaria autorità per gestire gli affari ecclesiali in Cina. A differenza degli attuali vescovi cinesi, il delegato della Santa Sede non sarebbe un altro burattino, magari ad alto livello!
Chi può garantire che al delegato della Santa Sede siano date tutte queste assicurazioni [e prerogative}? L’articolo del card. Tong mostra che nessuno può garantirle, neppure lui. Il suo ottimismo è solo una visione [un sogno]!
Per quanto i negoziati siano difficili, la Santa Sede è cosciente delle sue responsabilità nel continuare il dialogo con la Cina. Un anno, 10 anni, 100 anni. I leader del Partito comunista promisero che la direzione del Partito “non vacillerà per 100 anni”. Ma dopo 100 anni, potrebbe vacillare!
Penso che la Santa Sede no concederà con troppa facilità elementi al di sotto di una certa linea. Alcuni degli otto vescovi illegittimi hanno già detto in fretta ai loro parrocchiani che i loro problemi sono risolti, e hanno domandato loro di tornare a lavorare [insieme]! Però, la Santa Sede non ha ancora diffuso alcun contenuto dell’accordo. Essa dovrà esaminare con cautela la situazione e dovrà pensarci su ancora un po’.
L’accordo Cina-Vaticano sembra essere – come dice il card. Tong – solo un accordo e non stabilisce le relazioni diplomatiche. Proprio per questo, la Santa Sede dovrebbe ponderare dove portano i legami fra Cina e Vaticano se essa firma tale accordo. Nel periodo post-accordo, se quei vescovi e sacerdoti che oggi non possono lavorare in modo aperto, continueranno a rimanere sotterranei, se i vescovi nominati dal Vaticano saranno ancora forzati a ordinare vescovi illegittimi, cosa dovranno fare?
Queste preoccupazioni nascono dal fatto che forse noi non abbiamo fiducia nel nostro governo. Ma parlando con franchezza, se dovessimo aver fiducia nel nostro Paese e anche se tentiamo di farlo, la Santa Sede ha fiducia in esso?