Rimpatriate le donne filippine arrestate per maternità surrogata a Phnom Penh
Graziate dal re della Cambogia in una vicenda che ha portato sotto i riflettori i traffici illegali. I tre bambini già nati saranno dati in adozione nelle Filippine se le madri non saranno in grado di farsene carico
Manila (AsiaNews) - I figli già nati dalle tre donne filippine arrestate come le compagne a ottobre in Cambogia per essersi prestate a fornire maternità surrogata e rimpatriate ieri, potranno essere dati in adozione se le madri non avranno la possibilità economica di crescerli. Altre dieci cittadine filippine rientrate contemporaneamente sono incinta mentre altre sette, non in stato di gravidanza, erano state rilasciate poco dopo l'arresto e già rimpatriate.
Per il momento le donne restano sotto custodia del Dipartimento per la sicurezza sociale e dell’Autorità nazionale per la cura dei bambini che si occuperanno della loro reintegrazione nella società filippina e di esaminare l’eventualità dell’adozione.
Tuttavia sono anche preziose fonti di informazioni sul racket dei reclutatori di madri surrogate. Per questo il sottosegretario alla Giustizia, Nicholas Felix L. Ty, ha indicato che “saranno aiutate se avranno il coraggio di denunciare il loro reclutatori” con “l’assicurazione che il governo provvederà alla loro protezione”.
Le donne, accusate in Cambogia di avere violato la legge contro il traffico di esseri umani, hanno potuto abbandonare il Paese immediatamente dopo avere ottenuto il perdono del sovrano cambogiano, Norodom Sihamoni. I giudici avevano motivato la sentenza di condanna per “l’intento di partorire bambini da vendere a una terza persona in cambio di denaro che equivale a tratta di esseri umani”.
Nel regno cambogiano, la pratica della maternità surrogata - per quanto fuorilegge - resta ampiamente praticata in cliniche compiacenti sotto il controllo di una racket locale e internazionale a beneficio soprattutto di coppie cinesi disposte a pagare tra 40mila e 100mila dollari statunitensi agli intermediari in grado di trovare una donna disponibile a dare alla luce un figlio per loro.
La vicenda delle filippine ora rientrate che hanno rischiato pesanti pene carcerarie per guadagnare cifre che sono una parte minore di quanto versato dai “committenti”, ha riacceso i riflettori sui rischi che anche cittadine dell’arcipelago siano “arruolate” dalla “mafia della surrogata” come peraltro evidenziato, secondo il Dipartimento della Giustizia, dall’individuazione e dallo stop alla partenza di alcune di esse in procinto di lasciare il Paese e l’arresto dei loro reclutatori.