Rimbalza il Pil cinese post-Covid: ma i giovani senza lavoro sono quasi il 20%
Economia cresce del 4,5% nei primi tre mesi dell’anno: le aspettative erano di un +4%. In salita i consumi interni. Aumento risparmi bancari segnalano però un calo della spesa privata nei prossimi mesi. Per il futuro pesa il debito astronomico degli enti locali, arrivato a 7.600 miliardi di euro. Investitori stranieri si cautelano e spostano parte delle attività in altri Paesi.
Pechino (AsiaNews) – Nel primo trimestre del 2022, l’economia cinese rimbalza al +4,5% su base annua, un tasso superiore alle aspettative, che si attestavano al 4%, e un segno di ripresa dopo l’abbandono a dicembre della draconiana politica “zero-Covid” di Xi Jinping. A smorzare gli entusiasmi è però la disoccupazione giovanile (16-24 anni), che continua a segnare livelli elevati. Secondo l’Ufficio nazionale di statistica, i giovani cinesi senza lavoro a marzo sono il 19,6% del totale, rispetto al 18,1 di febbraio.
Le riaperture dopo la fine dei ripetuti lockdown di massa hanno favorito l’aumento dei consumi, della spesa in servizi e degli investimenti in infrastrutture. Con una certa sorpresa, il vero traino del recupero è stato ancora l’export, previsto in calo vista la debole domanda mondiale dovuta all’impennata dei costi energetici. Le industrie cinesi avevano però ancora da smaltire ordini rimasti nei magazzini per le limitazioni anti-Covid.
I numeri positivi non hanno impressionato le Borse asiatiche, tendenti alla perdita in giornata. La ripresa cinese non convince del tutto, e non solo per il livello della disoccupazione giovanile. La caduta dei prezzi e la crescita dei risparmi bancari segnalano un probabile nuovo calo dei consumi interni.
Xi dovrà trovare poi una soluzione al problema del debito astronomico delle amministrazioni locali. Secondo il Fondo monetario internazionale, l’ammontare è di 57mila miliardi di yuan (7.600 miliardi di euro), quasi la metà del Pil nazionale. Analisti sostengono però che l’importo reale potrebbe essere anche maggiore. E siccome il governo centrale ha detto che non interverrà con iniezioni di soldi, gli enti territoriali indebitati hanno iniziato a liquidare propri asset vendibili.
Pechino deve fare anche i conti con la fuga di capitali. Per ridurre i rischi, molti investitori esteri hanno spostato parte delle attività in Cina in altri mercati asiatici. È il risultato delle preoccupazioni per politiche molto restrittive come quelle sulla pandemia, unito al giro di vite di Xi contro il settore privato e alle restrizioni commerciali e finanziarie imposte da Washington su Pechino.
Apple è una delle compagnie straniere che ha portato quote di produzione fuori della Cina. Il colosso Usa della telefonia ha aperto oggi a Mumbai, in India, il primo di due megastore – l’altro sarà inaugurato il 20 aprile a New Delhi. Per lo più grazie all’assemblatore taiwanese Foxconn, sul suolo indiano si produce il 7% degli iPhone, per un valore di 6,4 miliardi di euro.
18/01/2021 09:00
06/03/2021 10:40