Riapre il Museo sul massacro di Tiananmen
Hong Kong è l’unico luogo cinese dove si ricorda Tiananmen e dove si celebra una veglia in memoria dei “patrioti” uccisi nella notte fra il 3 e il 4 giugno 1989. Metà dei visitatori sono cinesi della Repubblica popolare.
Hong Kong (AsiaNews/Rfa) - Dopo quasi tre anni di chiusura, il 30 aprile scorso è stato diffuso l’annuncio che ad Hong Kong riapre il Museo in ricordo del massacro di Tiananmen. Il Museo raccoglie foto e testimonianze su quanto avvenuto nella notte fra il 3 e il 4 giugno 1989, quando l’esercito per la liberazione del popolo è intervenuto con armi e carri armati contro studenti e operai radunati in piazza Tiananmen che da oltre un mese chiedevano maggiore democrazia e la fine della corruzione. Secondo le stime più sobrie sono state uccise almeno 2mila persone, alcuni maciullati sotto i carri armati, altri uccisi con colpi di armi da fuoco mentre fuggivano.
I responsabili del Museo, l’Alleanza di Hong Kong per il sostegno dei movimenti democratici e patriottici in Cina, avevano aperto la prima sede permanente nel 2014, nella zona commerciale di Tsim Sha Tsui, ma il proprietario dello stabile ha fatto di tutto per allontanarli. Secondo l’Alleanza, i motivi sono tutti politici: sempre più a Hong Kong si attua una auto-censura per non compiere gesti che possono offendere la Cina. Nel 2016 il museo ha dovuto chiudere i battenti e ora è stato riaperto nella zona più popolare di Mong Kok.
Come spiegano i responsabili, il valore del Museo sta nel mantenere la memoria di quanto avvenuto. In Cina è impossibile trovare riferimenti, foto, documenti riferiti al periodo e ogni manifestazione in ricordo dell’evento viene puntualmente soffocata.
Hong Kong è l’unico territorio nel mondo cinese dove ogni anno, al 4 giugno, si celebra una veglia per i “patrioti” vittime del massacro, organizzata dalla stessa Alleanza. La definizione di “patrioti” è in contrapposizione alla definizione data dal partito comunista cinese che ha bollato il movimento democratico di Tiananmen come “contro-rivoluzionario”.
Negli anni precedenti il Museo ha visto almeno 20mila visitatori all’anno. Di questi, quasi la metà era composta da cinesi della Cina popolare.
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